Gli uomini preistorici e i loro riti

 

 

Il culto dei crani. Poco o nulla sappiamo dei riti funerari dell’Età della pietra che tentiamo di ricostruire sulla base dei reperti a nostra disposizione. Le tombe degli antenati vissuti decine di migliaia di anni fa presentano corredi funerari di difficile  interpretazione. Oggetti particolari che accompagnano il defunto nel suo viaggio oltre la morte, a volte lapidi dai disegni astratti e misteriosi. Ma l’elemento forse più impressionante della sepoltura paleolitica è il trattamento riservato alla testa del defunto. Al suo cranio.

 Già nel giacimento di Bilzingsleben, un insediamento di Homo erectus heidelbergensis che risale a 370.000 anni fa, è stata fatta una strana scoperta. In mezzo ai resti di ossa animali, che sono reperti tipici per gli insediamenti paleolitici di cacciatori-raccoglitori e ci informano sugli animali cacciati consumati nella loro interezza dal clan in questione, sono stati rinvenuti anche resti di ossa umane che recano particolari incisioni e frammenti di crani umani. Sembrerebbe che siano stati conservati per qualche scopo ben preciso.

 Interessante era anche la posizione in cui questi reperti sono venuti alla luce: su una piattaforma pavimentata, in un’area dove non c’erano resti di abitazioni, e dunque una zona con funzione particolare all’interno dell’insediamento, forse cultuale. Il professor Dietrich Mania, che ha condotto gli scavi di Bilzingsleben, pensa che si trattasse di una forma di culto primordiale, praticata intorno a questi crani di defunti. E l’archeologo Hermann Parzinger osserva:

 „Che i morti siano stati sottoposti a un trattamento particolare? Forse sono stati addirittura mangiati? Per ciò che riguarda il rapporto con la morte e con i defunti in quell’epoca lontana, brancoliamo ancora nel buio delle pratiche rituali e dobbiamo attenerci a speculazioni più o meno fondate.” (H. Parzinger, “Die Kinder des Prometheus”, pag. 38)

Grotta di Krapina, Croazia dove si sono trovati reperti fossili di ominidi che potrebbero far pensare a un culto dei crani. Dominio pubblico

Grotta di Krapina, Croazia dove si sono trovati reperti fossili di ominidi che potrebbero far pensare a un culto dei crani. Dominio pubblico

 Proprio così. Brancoliamo ancora nel buio. Un culto dei crani che forse si basava sul cannibalismo? Anche nelle grotte spagnole di Atapuerca, nei pressi della città di Burgos, si è fatta una scoperta di questo tipo. Le caverne di Atapuerca rappresentano un unicum nel panorama del Paleolitico sia per la grande ricchezza di reperti fossili sia perché in questo sito sono venuti alla luce i resti di ominidi appartenenti a tre differenti specie e periodi preistorici: Homo sapiens (ca. 45.000 anni fa), Homo heidelbergensis (ca. 500.000- 200.000 anni fa) e Homo antecessor (1,3 milioni di anni fa).

 Anche ad Atapuerca vi sono crani asportati dal resto del corpo, le ossa di sei individui riportano strane incisioni. Inquietanti reperti, che risalgono a circa 350.000 anni fa. L’antropologo tedesco Günter Bräuer osserva:

 „È fuori discussione che le ossa umane siano state spesso manipolate. A partire dall’uomo di Pechino fino a tempi più recenti, i crani venivano aperti, le ossa raschiate e la carne cucinata. Ma a quale scopo? Non è possibile provare che le salme venissero mangiate.” (“ Kannibalismus: Uraltes Erbe oder Mythos?“ da: Bild der Wissenschaft 01.03.2000)

Cannibalismo in epoca preistorica?

Ma attenzione: forse la cottura serviva a preparare le ossa per altri scopi che avevano a che fare con la conservazione. Non è detto che si sia trattato di cannibalismo. I nostri antenati del Paleolitico erano grandi cacciatori di selvaggina, non avevano certo bisogno di nutrirsi di carne umana. Secondo uno studio del professor Herbert Ullrich, si trattava di azioni cultuali. I riti funerari incentrati sulle ossa dei defunti e in particolare sui loro crani, hanno radici antichissime e sono facilmente individuabili nell’Età della pietra. Ullrich scrive:

 “Quel rapporto con vita e morte che si rispecchia nei riti funerari, è iniziato già nel Paleolitico. Le pratiche rituali operate su particolari individui, si basano su manipolazioni di salme e ossa dei morti.(…) Il cranio umano rivestiva nelle cerimonie funebri particolare importanza per gli uomini del Paleolitico,al punto che si sviluppò un vero e proprio culto dei crani.” (H. Ullrich “Leichenzerstückelung und Schädelkult – abstruse Totenriten in der Menschheitsgeschichte“)

 L’elenco riportato dall’antropologo nel suo studio è lungo e dettagliato, spazia dalle nebbie del Paleolitico sino al Medioevo. Da Atapuerca in Spagna (Homo heidelbergensis) a Bilzingsleben in Germania (Homo heidelbergensis), a Krapina in Croazia (uomo di Neanderthal), a Predmosti nella Repubblica Ceca (Homo sapiens). In quest’ultimo giacimento paleolitico è stata scoperta nel 1984 una tomba con sepoltura multipla del Gravettiano (ca. 26.000 anni fa). In una fossa giacevano i resti scheletrici di 30 individui coperti da ossa di mammut. Si trattava di frammenti dei loro crani.

 Evidentemente le ossa umane (forse di parenti o persone importanti della comunità?) erano elementi ricorrenti del corredo funerario. Nel giacimento paleolitico russo di Sungir, nei pressi della città di Voronez, un cranio femminile fu trovato deposto sopra lo scheletro di un uomo, mentre nella tomba di due bambini è stato rinvenuto un femore di persona adulta.

La sciamana di Hilazon Tachtit

 Non bisogna poi dimenticare la sepoltura della cosiddetta sciamana di Hilazon Tachtit (Israele), che risale a 12.000 anni fa. Un periodo definito Epipaleolitico del Levante. Questa donna di circa 45 anni d’età e 1,60m di altezza è stata seppellita da genti della cultura natufiana nella roccia in posizione seduta, con le gambe piegate e la schiena appoggiata alla parete rocciosa. Nel suo viaggio all’altro mondo la accompagnava un corredo funerario di tutto rispetto, costituito da numerose parti di animali, come corazze di tartaruga e ali d’uccello. Ma l’elemento più bizzarro era di certo la presenza di un piede umano. Proprio questo singolare corredo funerario e il fatto che la donna, pur avendo sofferto in vita di una menomazione fisica, rivestisse una posizione importante all’interno della comunità (altrimenti non avrebbe goduto di tale sepoltura), portarono gli archeologi alla deduzione che potesse trattarsi di una sciamana.

 La tomba della sciamana è da ascriversi alla cultura natufiana, così chiamata dal sito di ritrovamento palestinese di Wadi Natuf. Ma se parliamo di tombe e cultura natufiana, non è possibile tralasciare i crani di Gerico. Innanzitutto va detto che la cultura di Natuf si sviluppò in Israele in un periodo che va dal XII al X millennio a. C., e che queste genti devono aver venerato in particolar modo i crani dei defunti. Li asportavano dal resto del corpo e li modellavano.

 Dopo che il processo di scarnificazione era giunto al termine, i crani venivano accuratamente ripuliti e raschiati. Quindi si ricostruivano i  tratti somatici del morto, ricoprendo il cranio con uno strato di fango o gesso. Spesso al posto degli occhi erano inserite delle conchiglie. Non di rado la fronte e le guance venivano dipinte. Non sappiamo se i preparatori intendessero restituire al morto i suoi lineamenti originari oppure se si trattasse di un suo ritratto standard, idealizzato.

 Ma se noi ci fermiamo per il momento all’Epipaleolitico di Gerico, invece la lista dell’antropologo Herbert Ullrich continua, sino a raggiungere il Medioevo e riportando una serie di siti archeologici tedeschi e slavi. E questo è indicativo di una tradizione antichissima del culto dei morti incentrata sulle loro ossa, spesso in particolare sui crani dei defunti.

 L’elemento più inquietante, per noi moderni, potrebbe essere sicuramente il cannibalismo. Ma questo rimane per ora solo un’ipotesi che non tutti gli studiosi accettano. Forse si tratta di una lettura sbagliata da parte nostra. E poi dobbiamo pensare che l’intento dei nostri antenati del Paleolitico rimane per noi un libro chiuso. Non dobbiamo e non possiamo certo immaginarli come crudeli Hannibal Lecter, intenti a cucinarsi prelibate ricette umane. Sarebbe un errore fatale. Se veramente cannibalismo c’è stato  – e sottolineo il se, di certo vi era una componente sacra in queste azioni, forse il desiderio di portare i cari defunti con sé, dentro di sé, di renderli parte di se stessi.

Una volta di più è chiaro che non possiamo misurare le culture dell’Età della pietra con il nostro metro. Nulla sappiamo dell’universo spirituale di quelle genti. Niente sappiamo della loro filosofia di vita, del loro pensiero su vita e morte. Anche durante la lettura di questo articolo dobbiamo sempre tener presenti le loro enormi conquiste culturali, tecniche, sociali e, non di meno, quelle artistiche. Sono stati dei grandi passi, senza i quali noi non saremmo oggi qui a riflettere sul culto dei crani.

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