Una statuetta preistorica di 40.000 anni fa

 

 

È alta approssimativamente 30 centimetri, è fatta di avorio di mammut e ha circa 40.000 anni di vita (nuova datazione). È la statuetta dell’Uomo-leone, un vero miracolo dell’arte paleolitica che fino a pochi mesi fa si poteva ammirare al Museo di Ulm. Ovviamente non mi sono lasciata sfuggire l’occasione di vedere da vicino il reperto unico al mondo, la scultura più antica dell’umanità.
Una figura umana dalla testa leonina. In posizione eretta. Tra me e lei, solo un vetro. Un’emozione indescrivibile. Con il passare dei millenni, l’avorio ha assunto un colore scuro, sembra quasi legno. La statuetta, che fu trovata in una caverna distrutta in mille pezzi ed è stata poi pazientemente ricostruita, non è del tutto completa. Mancano dei frammenti. Tuttavia è possibile distinguere l’espressività dell’arte, il piglio realistico e al contempo magico di una creatura sovrannaturale che ci parla dalla notte dei tempi.

Ma chi l’ha scolpita? Chi fu quell’artista del Paleolitico che dedicò delle ore preziose a forgiare un oggetto tanto raffinato e però privo di utilità pratica? La statuetta era forse destinata a riti magici? La storia dell’Uomo-leone inizia 40.000 anni fa ed è stata la mano robusta e abile di un cacciatore-raccoglitore della specie Homo Sapiens a intagliare la scultura. Ma l’Uomo-leone non è il suo solo prodotto di carattere artistico.

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Uomo-leone di Hohlenstein Stadel. Foto „Dagmar Hollmann  CC BY-SA 3.0“

Oltre alle armi per la caccia, questi nostri progenitori detti Aurignaziani, le cui comunità si sono diffuse in Europa e in Asia tra il 47.000 e il 35.000 a. C., ci hanno lasciato numerosi reperti che testimoniano il loro interesse per le creazioni fantasiose e la musica. Alla mostra organizzata dal Museo di Ulm ho potuto ammirare molte altre figurine di animali, un flauto, delle statuette femminili tra cui la famosa “Venere di Hohle Fels”, la più antica statuetta esistente di donna che mai sia stata trovata.
Una figurina di appena 6 centimetri di altezza, dai grandi seni e i contorni esuberanti, anch’essa d’avorio. Un altro piccolo capolavoro del Paleolitico. E non solo questo: la Venere è un indizio a favore della teoria che vede la donna delle epoche preistoriche rivestire un ruolo sociale di maggiore importanza.
Non è da escludersi che anche l’Uomo-leone sia ispirato a una figura femminile. Tanto più che il suo significato è per ora sconosciuto e che la paleontologa Elisabeth Schmid ci vede proprio una donna. Il nome di “Uomo-leone” attribuito alla scultura è, in ogni caso, da intendersi con valenza neutra: “uomo” nel senso di “essere umano” e non di “individuo di sesso maschile”. Ma al di là di questo, chi rappresenta? Uno sciamano? La personificazione dell’anima leonina? Una divinità sconosciuta?

Il ritrovamento dell’Uomo-leone

La statuetta fu scoperta nel 1939 dallo studioso Robert Wetzel nella grotta tedesca di Hohlenstein-Stadel situata nella valle Lonetal. Nel Giura svevo, non lontano da Ulm. Era in pessimo stato. Un mucchietto di centinaia di frammenti eburnei. In quel periodo la Germania si trovava alla vigilia della Seconda guerra, quindi soltanto pochi giorni dopo i lavori archeologici nella grotta furono interrotti, i reperti depositati in una scatola di cartone. La scatola fu messa al sicuro nel magazzino del Museo di Ulm. E lì i frammenti dormirono un lungo sonno.
Trent’anni dopo l’archeologo Joachim Hahn riaprì quella scatola. Aiutato da due studenti, Hahn iniziò a mettere insieme i pezzetti d’avorio e si ritrovò, sbigottito ed emozionato, davanti alla prima versione dell’Uomo-leone. Era solo un abbozzo di ciò che possiamo vedere ora. Mancavano molti pezzi. Ma già Hahn si rendeva conto di essere davanti a qualcosa di sensazionale, una figura paleolitica antropomorfa.

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Uomo-leone, profilo. Foto „Thilo Parg /  CC BY-SA 3.0“

Non finiva qui: come per miracolo, sempre nuovi frammenti giungevano a completare il puzzle. Prima ci furono quelli consegnati al museo nel 1972 da un ex allievo dello studioso Robert Wetzel, un medico che li aveva trovati in un laboratorio di Tubinga poco dopo la morte del suo maestro e raccolti senza nemmeno sapere cosa fossero. A questi si aggiunsero altri pezzi che una visitatrice attenta portò al Museo di Ulm. Li aveva scoperti suo figlio, un ragazzino che giocò all’interno della caverna Stadel Höhle.
Diversi archeologi ripresero a lavorare nella grotta durante gli anni Ottanta del XX secolo, portando così alla luce ulteriori frammenti. L’archeologa Elisabeth Schmid e la restauratrice Ute Wolf iniziarono il paziente lavoro di ricostruzione, quello finito da poco, che ci ha restituito l’Uomo-leone così come lo vediamo oggi. Magnifico, misterioso, inafferrabile.

statuetta di donna, Venere di Hohle Fels, Germania, 38.000 - 34.000 anni fa foto - sabina marineo

Chi lo scolpì? Materiale usato e fonte d’ispirazione dell’artista

L’artista sconosciuto del Paleolitico l’ha ricavato dalla zanna di un mammut. La testa leonina non presenta una criniera, del resto sappiamo che i leoni maschi hanno acquisito la criniera soltanto nella fase più recente dell’evoluzione. Anche i leoni raffigurati nelle caverne di Lascaux sono privi di criniera. Oppure, nel caso in cui la statuetta davvero fosse ispirata a una figura femminile, potrebbe trattarsi di una leonessa.
Sulle zampe anteriori/braccia della scultura sono visibili delle incisioni orizzontali che potrebbero rappresentare dei tatuaggi. Ma se gli arti superiori assomigliano di più a zampe animali che a braccia, gli arti inferiori invece sembrano umani. Al posto delle zampe, l’Uomo-leone ha dei piedi.
Studiando la figura nel suo complesso, si può quindi affermare che consiste di due parti: la parte superiore con la testa, il petto e gli arti superiori è quella di un leone, mentre a partire dal ventre sino ai piedi abbiamo a che fare con la sagoma di un essere umano. Il sesso è impossibile da determinarsi.

 

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