In Siberia la scoperta del terzo uomo

 

 

L’uomo di Denisova. Tutto iniziò nel 2000, con il ritrovamento di un molare in una caverna del massiccio dei monti Altaj, Siberia meridionale. Il dente era sicuramente umano, un reperto del Paleolitico. Presentava delle caratteristiche talmente peculiari, da rendere difficile la sua attribuzione a una specie di ominide conosciuta. Nel 2008 vennero alla luce anche dei frammenti di un dito. I reperti non appartenevano né alla specie Homo sapiens, né all’uomo di Neanderthal. Eppure quegli individui dovevano aver abitato nella caverna circa 40.000 anni fa.

Le prime tracce di presenza umana nella grotta di Denisova erano venute alla luce già negli anni Settanta del secolo scorso, quando il paleontologo Nikolaj Ovodov aveva trovato nel sito centinaia di utensili fabbricati dalla mano dell’uomo. Questi reperti indicavano che degli ominidi avevano frequentato la caverna nel corso degli ultimi 125.000 anni. Purtroppo, però, mancavano dei resti fossili umani rapportabili ai reperti. Nonostante fosse ormai chiaro che, oltre ai misteriosi visitatori non ancora identificati, sia l’uomo di Neanderthal che l’Homo sapiens si erano trattenuti nella grotta. Chi era il terzo uomo?

Posizione geografica della grotta di Denisova, in Siberia, monti Altaj dove sono stati scoperti resti fossili dell'uomo di Denisova. Licenza CC-BY-SA-3.0

Posizione geografica della grotta di Denisova, in Siberia, monti Altaj dove sono stati scoperti resti fossili dell’uomo di Denisova. © CC-BY-SA-3.0

Si presentavano diverse difficoltà. Si capì subito che non sarebbe stato facile ricostruire le fasi di occupazione del sito, perché in quella caverna in epoca preistorica si erano rifugiati anche leoni e orsi, iene, altri animali. Scavando buche nel terreno, gli animali avevano rimosso in diversi punti parte del piano di calpestio della grotta e quindi messo a soqquadro la stratigrafia del sito. Era difficile dire quale ominide in quale periodo avesse abitato la caverna e se gli insediamenti delle differenti specie si fossero eventualmente incrociati.

Il paleontologo russo Michail Shunkov, che apparteneva al team di ricercatori del 2008, ebbe l’idea di consegnare il frammento di dito al genetista Svante Pääbo del Max Planck Institut di Lipsia, che proprio in quel periodo stava completando la sequenza del genoma dell’uomo di Neanderthal. Il risultato delle analisi di Pääbo si rivelò sbalorditivo: il frammento contava dai 50.000 ai 30.000 anni di età e apparteneva a una specie di ominide ancora sconosciuta. Fu battezzata uomo di Denisova, perché questo era il nome attribuito alla caverna siberiana in memoria dell’eremita Denis che, nel XVIII secolo, si era ritirato a pregare e meditare fra quelle rocce.

600.000 anni fa: uno stesso antenato per tre specie

A quel punto bisognava capire di che specie si trattasse, se e quale tipo di parentela ci fosse tra lo sconosciuto uomo di Denisova, l’Homo sapiens e gli altri ominidi. A quale ramificazione del gigantesco albero dell’evoluzione umana apparteneva l’uomo di Denisova? Al momento sappiamo che le tre specie di Homo sapiens, uomo di Neanderthal e uomo di Denisova derivano da uno stesso antenato che visse circa 600.000 anni fa. Con la differenza che l’Homo sapiens sembra essersi evoluto in una linea diretta dall’Homo erectus, mentre l’uomo di Neanderthal e l’uomo di Denisova sono due diverse evoluzioni dell’Homo heidelbergensis e quindi li unisce un legame di parentela più stretta. Il Medio Oriente sembra essere stato la tappa decisiva in cui l’Homo heidelbergensis prese, 600.000 anni fa, le due vie diametralmente opposte: quella dell’Europa e quella dell’Asia. In Europa continuò l’evoluzione che si risolse nell’uomo di Neanderthal e in Asia quella che portò all’uomo di Denisova.

Diffusione ed evoluzione dell'uomo di Denisova. CC BY-SA 3.0 Fonte: John D. Croft

Diffusione ed evoluzione dell’uomo di Denisova. CC BY-SA 3.0 © John D. Croft

In ogni caso, i molari ritrovati nella grotta siberiana (a quello scoperto nel 2000 se ne aggiunse un secondo scoperto nel 2010) si presentano estremamente grandi e robusti e, rapportando la grandezza dei denti a quella dell’intera persona, si presume che questi ominidi di Denisova possano essere stati la specie più grande in assoluto.

Ibridazione fra Homo sapiens e uomo di Denisova

Ora bisognava vedere se e in che quantità il patrimonio genetico dell’uomo di Denisova fosse giunto ad arricchire il nostro di uomini moderni. Ebbene, se il nostro genoma occidentale contiene una piccola percentuale del patrimonio genetico del Neanderthal, sembra invece non contenere nessuna sequenza dell’uomo di Denisova. E nemmeno nel DNA delle popolazioni siberiane sono state trovate tracce del Denisova. Il risultato contrario si è ottenuto con le popolazioni della Melanesia: nei genomi di individui provenienti da questa zona geografica è stato riscontrata una percentuale del 4,8 % del patrimonio genetico dell’uomo di Denisova. Ciò significa che ha avuto luogo un processo di ibridazione soltanto fra l’Homo sapiens asiatico e il Denisova. Il giornalista Michael Marshall scrive a tale proposito:

“Gli uomini di Denisova erano insediati in un territorio gigantesco che si estendeva in gran parte dell’Asia sino alle isole della Melanesia. La sua diffusione era maggiore di quella del Neanderthal. Si può pensare che i Denisova abbiano incontrato i Sapiens nel Continente asiatico e che i loro discendenti siano poi emigrati nella Melanesia, o forse che solo i loro discendenti della Melanesia sopravvissero.(…) Secondo il genetista Reich, invece, 45.000 anni fa le popolazioni della Melanesia erano un mosaico di specie: c’erano gruppi che recavano il patrimonio genetico dei Denisova, e altri che ne erano privi. Ciò renderebbe l’ipotesi di un contatto già nel Continente asiatico non molto realistica. “” (M. Marshall da: Spektrum der Wissenschaft, 12.2014)

Vista dalla grotta e luogo di ritrovamento dell'uomo di Denisova. Foto: ЧуваевНиколай CC-BY-SA-3.0

Vista dalla grotta e luogo di ritrovamento dell’uomo di Denisova. ©ЧуваевНиколай CC-BY-SA-3.0

Dobbiamo pensare che l’Asia orientale, nel lunghissimo periodo che si estende da 110.000 a 12.000 anni fa, era un’area dal clima più fresco e secco, un territorio dai grandi spazi aperti, poco boscoso. Inoltre il livello dei mari era molto più basso, le isole di Sumatra e Borneo si trovavano ancora collegate per via di terra al Continente asiatico, la Nuova Guinea era parte dell’Australia. E questo sembra essere stato l’habitat originario dell’uomo di Denisova che da lì, durante un periodo climatico mite, migrò e si diffuse in direzione nord raggiungendo la Siberia. Poi, quando le condizioni climatiche in Siberia si fecero nuovamente più rigide, gli individui della specie Denisova tornarono nelle isole. Tale fatto potrebbe spiegare perché i resti della grotta di Denisova si presentano così scarsi: quello non era il territorio tipico dell’uomo di Denisova, si trovava ai confini del suo habitat.

A causa dei pochissimi resti fossili, poco o nulla sappiamo dell’aspetto fisico di questo ominide. Uno spiraglio di luce è giunto dalle grotte della Spagna settentrionale. Qui è stato scoperto un gran numero di resti fossili di Homo heidelbergensis il cui patrimonio genetico reca tracce di Denisova. In base a questi reperti possiamo dire che si trattava di individui alti, estremamente robusti, i quali facilmente potevano raggiungere i 100 chili di peso. Forse possiamo immaginare così l’uomo di Denisova, il nostro cugino asiatico che, secondo una ricerca del 2012, doveva avere la pelle scura, i capelli e gli occhi castani. Una curiosità a margine: uno studio internazionale del 2014 ha riscontrato che la capacità delle popolazioni tibetane di vivere ad alta quota deriverebbe proprio dal patrimonio genetico dell’uomo di Denisova.

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