Un eccezionale corredo funerario di Homo Sapiens
Sunghir. Qui vivevano, 34.000 anni fa, i cacciatori dell’Era glaciale. Datazioni impressionanti. Un universo a noi estraneo e perduto in cui individui della specie Homo sapiens si muovevano liberi da un luogo all’altro, signori della natura che li circondava e, allo stesso tempo, parte di essa. In questo giacimento paleolitico russo si sono conservate ben dieci sepolture dal valore eccezionale. Sono testimonianze del livello culturale raggiunto dalle genti di Sungir in un’epoca in cui la terra era stretta nella morsa dei ghiacci e alcune di esse presentano peculiarità affascinanti e misteriose.
Migliaia di perle per un cacciatore
Il giacimento paleolitico di Sunghir è situato a nord-est di Mosca, nella periferia del villaggio di Vladimir, sulla riva sinistra del fiume Klyazma. Fu scoperto nella metà degli anni Cinquanta del secolo scorso dall’archeologo Nacharov. Le prime ossa fossilizzate in una cava di argilla. Seguirono ripetute campagne di scavo realizzate dall’archeologo Otto Bader (1956 -1977). Nel 1964 venne alla luce un frammento di cranio umano (Sunghir 5) deposto accanto a una pietra piatta dalla forma leggermente trapezoidale, in una zona abbondantemente cosparsa di ocra. Sicuramente la pietra aveva un significato rituale, poiché era stata portata da altro luogo e deposta lì con intenzione.
Sotto il cranio di sesso ancora incerto (si tende a pensare sia di donna) c’era lo scheletro completo di un uomo di 35-45 anni ricoperto anch’esso di ocra (Sunghir 1), adagiato su uno spesso strato di sabbia, e ornato con una miriade di perle d’avorio Di certo non è un caso che il cranio si trovasse lì, sopra la tomba maschile. Il significato di questo dettaglio funerario ancora ci sfugge, ma suggerì subito agli studiosi la presenza di azioni rituali di sepoltura, un’ipotesi rafforzata da altri fattori che sarebbero venuti alla luce più tardi. Le sorprese di Sunghir erano appena all’inizio. Cinque anni dopo si trovarono ulteriori resti umani e gli studi continuati sino ad oggi parlano, complessivamente, di dieci sepolture presenti nel giacimento russo. Soltanto tre di queste sono state portate alla luce pressoché intatte. Le spoglie degli altri individui ci hanno lasciato ossa isolate.
Dapprima venne alla luce uno scheletro (Sunghir 10) molto danneggiato. Il defunto aveva indossato dei pendenti di pietra, un anello d’avorio, probabilmente altri oggetti ornamentali con pendenti di denti di volpe. Accanto a esso, una punta di lancia di quarzo. E poi, 74 centimetri sotto questa tomba, si scoprì dell’altro. Forse il mistero più grande di Sunghir per il corredo funerario che accompagnava i morti. Coperta dai sedimenti, vi era questa volta una sepoltura doppia (Sunghir 2 e 3), quella di due individui in giovane età, sesso non individuabile. Più tardi emersero alcuni resti di altri individui sepolti in fosse situate nelle immediate vicinanze. Difficile stabilirne il sesso e l’età (Sunghir 7, 8 e 9).
La tomba situata sotto il cranio (Sunghir 1), ospitava lo scheletro di un giovane uomo sui 35-45 anni steso in posizione supina, le mani in grembo. L’uomo di Sunghir dormiva in un letto di ocra che, originariamente, doveva essere stata sparsa sui suoi abiti e sopra di lui. Ma la cosa più stupefacente erano di certo i resti degli ornamenti che un tempo avevano impreziosito l’abbigliamento del cacciatore: migliaia di perle ricavate dall’avorio di mammut e di forme differenti. Rettangolari, rotonde, ovali. Dovevano essere circa 3000. Intorno al capo l’uomo di Sunghir portava tre file di perle e alcuni denti di volpe. Sul suo petto, un pendente di scisto. Pendenti simili sono stati trovati in giacimenti paleolitici della cosiddetta Cultura di Pavlov, nella Repubblica Ceca e in Austria.
Fu soprattutto la posizione degli ornamenti eburnei (fronte, torace, braccia, polsi, fianchi, ginocchia, caviglie) a suggerire che questi originariamente fossero stati cuciti sugli abiti del cacciatore russo, probabilmente casacca e pantaloni di pelle. Dunque l’uomo era stato sepolto con i suoi abiti più belli. Indumenti riccamente impreziositi da migliaia di perle d’avorio la cui lavorazione aveva richiesto molto tempo e una tecnica specializzata. Ma il corredo funerario comprendeva anche un pendente di scisto sistemato sul petto e dei bracciali di avorio di mammut sulle braccia, punte litiche deposte fra le gambe del defunto. Utensili litici completavano il corredo funerario. Questo fatto portò alcuni studiosi ad ipotizzare l’esistenza di differenti strati sociali già in quell’epoca lontanissima, si pensò che non ogni persona poteva permettersi di possedere ornamenti tanto fastosi che richiedevano molto lavoro da parte di altri individui del clan e che quindi quest’uomo fosse stato una sorta di „capo“. Ma la sepoltura doppia scoperta sotto Sunghir 10 cambiò tutte le carte in tavola e demolì questa ipotesi. Perché i due bambini di Sunghir (tomba 2/3) avevano dei corredi funerari molto più fastosi.
I bambini: testa a testa accanto a lance d’avorio
Proprio così. Nonostante fosse stata una scoperta sensazionale, la tomba 1 fu superata dal mistero dell’incredibile sepoltura doppia. Si trattava di un bambino di circa 9 anni e un adolescente di circa 14. Giacevano in un’unica fossa, su di un letto di ocra che, come nel caso di Sunghir 1, si concentrava soprattutto intorno alle teste e ai toraci dei due giovani. Erano stati deposti in posizione supina, testa a testa, i corpi stesi nelle due direzioni opposte. Una posizione insolita che si differenzia da tutte le altre sepolture multiple dell’Età della pietra scoperte finora. Sono stati trovati individui stesi l’uno accanto all’altro, è vero, ma mai testa a testa. In questo senso la tomba 2 di Sunghir resta un unicum nel panorama del Gravettiano.
Il corredo funerario dei ragazzi non includeva soltanto ulteriori migliaia di perle d’avorio (circa 5000 per il ragazzo e 5400 per il bambino), ma anche diversi oggetti particolari ed estremamente interessanti. La disposizione delle perle nella sepoltura doppia era simile a quella della tomba 1, indicando quindi anche in questo caso l’originaria presenza di vesti riccamente decorate. Come l’uomo, anche i due ragazzi sembrano aver portato un copricapo ornato di perle. Un elemento che ricorda in modo evidente la sepoltura paleolitica del “principe” di Arene Candide, in Italia, la tomba di un ragazzo quindicenne che risale a circa 23.000 anni fa. Una moda comune, nonostante i millenni intercorsi, le immense distanze e le differenze geoclimatiche?
Come il defunto della sepoltura numero 1, anche gli scheletri dei due ragazzi portavano bracciali d’avorio. Sul petto del ragazzo, i cui abiti erano stati impreziositi da una cintura decorata con ben 250 denti di volpe polare, si trovò un pendente a forma di cavallo, mentre accanto al bambino erano stati deposti un bastone dal manico forato (che ricorda anch’esso il bastone del “principe” di Arene Candide) e strani oggetti forati dalla forma circolare che ricordano vagamente piccole ruote.
Ma l’elemento di certo più affascinante erano sedici lance d’avorio di mammut. In particolare due di esse, le più lunghe: una misurava 1,65 metri e l’altra ben 2,47 metri per un peso di circa 20 chili. Ricavate dalle zanne di mammut, queste lance sono un prodigio di per sé e indicano l’alto livello di lavorazione tecnica raggiunto in quell’epoca. I cacciatori di Sunghir hanno dovuto infatti sottoporre le zanne a un procedimento particolare per poterne raddrizzare le estremità, giacché queste originariamente presentano un’ampia curva spiraliforme. Un procedimento sofisticato che richiedeva tempo e abilità. Ma perché proprio questa lancia fu seppellita insieme ai due bambini?
Presso lo scheletro del ragazzo si trovò poi un femore umano di adulto, unico resto della sepoltura Sunghir 4. Era stato lucidato e poi accuratamente riempito con della polvere d’ocra. A chi era appartenuto e perché fu seppellito accanto al ragazzo? Forse una donna? La madre? Di certo il suo “proprietario” era più piccolo del cacciatore della tomba 1, ma non è possibile determinarne il sesso. Mentre un’analisi medica ha appurato la diversa origine geografica dell’individuo.
Tracce di un comune culto dell’Età della pietra?
Dunque possiamo dire che i corredi funerari dei due bambini presentavano, a parte le perle e le lance, una serie di oggetti differenti. Solo il ragazzo portava la cintura con denti di volpe, figurine animali, il femore riempito di ocra. Mentre soltanto il bambino aveva i bastoni d’avorio e gli strani dischi (o ruote) forati. Il paleontologo americano Erik Trinkaus, che ha svolto approfondite analisi sui resti del giacimento di Sunghir, ha evidenziato il grande lavoro degli artigiani nella fabbricazione delle lance e delle perle d’avorio. Ricerche sperimentali hanno dimostrato che la produzione delle perle (più di 10.000) non può essere stata opera di una sola persona e si deve tener conto che abbiamo a che fare con popolazioni di cacciatori nomadi che si spostavano, quindi, da un luogo all’altro per seguire la selvaggina stagionale. Di conseguenza Trinkaus osserva:
“(…) non è chiaro fino a che punto queste genti fossero mobili; l’ecologia dell’Interpleniglaciale della Russia settentrionale, anche durante i periodi intermedi, suggerisce che per questi cacciatori sia stata necessaria una mobilità sostanziale. Eppure se la presenza moderata e le accurate rappresentazioni anatomiche di individui obesi nel Paleolitico Medio Superiore sulle figurine diffuse dall’Atlantico alle pianure russe indicano periodi di relativo sedentarismo, alcuni gruppi di individui possono aver fruito del tempo necessario a produrre una parte sostanziale di questo corredo funerario.” (E. Trinkaus, “The People of Sunghir”, Oxford University Press, 2014)
Seminomadismo, allora, come pare emergere sempre più anche alla luce di altre giacimenti del Paleolitico. Le genti di Sunghir trascorrevano i mesi freddi in un luogo e poi, con l’arrivo della stagione più mite, si trasferivano in un altro.
Un ulteriore particolare ha sollevato molte domande. I due ragazzi della sepoltura doppia erano entrambi parzialmente disabili. Il più piccolo (Sunghir 3) soffriva di una forte deformazione ossea alle gambe per cui i femori, in seguito alla crescita interrotta, si presentavano estremamente corti ed arcuati. Tuttavia le ossa lughe delle gambe, molto robuste, indicano che doveva essere fisicamente attivo. Il ragazzo più grande, invece, doveva aver avuto grandi problemi all’apparato masticatorio e di deambulazione. Si trattava quindi di ragazzi „speciali“ che dopo la morte (apparentemente avvenuta per cause naturali) furono seppelliti con tutti gli onori possibili ad una comunità di cacciatori raccoglitori seminomadi. Che cosa rappresentavano questi due giovani agli occhi del clan? In ogni caso la loro tomba non può essere interpretata nel contesto dell’esistenza di un gruppo socialmente privilegiato, di una sorta di élite dell’Età della Pietra. I motivi che hanno prodotto il fenomeno della sepoltura doppia attualmente unica nel panorama del Paleolitico dovevano essere ben diversi. Siamo dinanzi alla manifestazione di un culto atavico perduto.
Un fatto confermato dalla posizione degli scheletri dei due ragazzi: testa a testa, i corpi stesi supini, in direzione opposta. Questa disposizione trova un parallelo artistico: è rappresentata da una statuetta scoperta nel giacimento paleolitico di Gagarino, altra località russa situata a sud di Mosca, che forse raffigura i corpi di un uomo e una donna stesi, testa a testa, l’uno accanto all’altra. Se all’origine della statuetta vi fosse un legame simbolico di matrice funeraria, in questo caso avremmo la medesima situazione della tomba 2/3 di Sunghir. La statuetta doppia di Gagarino è più recente, risale a circa 22.000 anni fa. Fra Sunghir e Gagarino ci sono 500 chilometri. Una distanza non trascurabile per quell’epoca lontana ma, al contempo, non certo insuperabile. Dunque, se veramente esiste una connessione fra i due soggetti, questa potrebbe suggerire l’esistenza di una pratica rituale nata da una tradizione ben precisa e comune alle genti russe del Paleolitico. Una rivelazione sorprendente, che si aggiunge alla diffusione delle Veneri dell’Età della pietra e ad altri elementi artistici presenti in numerosi giacimenti paleolitici dal Mediterraneo sino alla Russia, e che parla per una cultura comune dalle antichissime origini.
Come dobbiamo immaginare questi tre individui i cui scheletri sono stati scoperti pressoché intatti nelle tombe di Sunghir? Il cacciatore era un uomo robusto, alto circa 1,80 m, mentre la statura dei due adolescenti si aggirava su 1,62 per il ragazzo e 1,42 per il bambino. Alcune caratteristiche ossee indicano un forte legame di parentela fra i tre defunti di Sunghir, sembra che i bambini abbiano il medesimo DNA mitocondriale, erano dunque figli di una stessa madre. Sulle cause di morte dei tre individui, invece, il mistero rimane, soprattutto per quanto riguarda il decesso dei bambini che sono stati seppelliti insieme e quindi sono morti nello stesso arco di tempo. A chi apparteneva il misterioso femore sepolto accanto al ragazzo? E perché fu separato dal resto del corpo e deposto proprio lì, in quella tomba doppia? Che significa quel dispendio di perle e lance d’avorio?
I dati forniti dalla analisi al C14 collocano le sepolture, in base alle nuove misurazioni, nel Gravettiano, da 30.000 a 34.000 anni fa, un periodo interstadiale che precedette la nuova glaciazione, dunque relativamente mite. I cacciatori di Sunghir vivevano in tende costruite con pelli e ossa di mammut, si nutrivano di carnivori presenti nella zona, come ad esempio leoni delle caverne, lupi, forse anche orsi bruni, volpi, bisonti, cavalli selvatici, renne e mammut. Piante commestibili del luogo devono aver completato la loro dieta, come dimostrano i resti trovati nella dentatura degli scheletri analizzati. Per il resto il mistero rimane. Almeno fino a che non emergeranno altre scoperte che possono ulteriormente far luce su questo importante giacimento paleolitico situato a Sunghir, nel cuore della Russia. Un unicum a liveelo mondiale.
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