C’era una volta, 50.000 anni fa, l’uomo di Denisova che fabbricò un ago per cucire le pelli e confezionare abiti su misura. C’era una volta, quando ancora imponenti mammut solcavano le steppe eurasiatiche. La nuova, sorprendente scoperta effettuata in Siberia dimostra che l’Homo sapiens non fu il primo a padroneggiare questa tecnica: l’ago del Denisova è il più antico in assoluto, risale a quel periodo che, nel Paleolitico europeo, viene detto “protoaurignaziano”. Un’ulteriore conferma alla presenza di un altro ominide notevolmente evoluto che visse per millenni contemporaneamente alla nostra specie. Era di casa nelle steppe siberiane, nell’Asia orientale e in Melanesia. Una conferma forte, provocatoria. Questo significa che il quadro del Paleolitico cambia ancora. 40.000 anni fa non eravamo i soli a popolare la Terra. E al nostro fianco non c’era soltanto l’uomo di Neanderthal.
Il mondo delle razze perdute
C’era anche il piccolo uomo di Flores, c’era il grande uomo di Denisova. Nei diversi territori – e occasionalmente anche in uno stesso territorio – si muovevano differenti specie di ominidi. Erano tutti creature intelligenti, curiose, evolute, tenaci e industriose che talvolta si incontravano, davano luogo a ibridazioni e probabilmente anche a scambi culturali di primaria importanza. Il mondo dell’Era glaciale era molto più colorato e variegato di quanto si immagini. E dallo scambio nasce la cultura. Difficile dire, per il momento, chi diede e chi prese. Su questo tema le teorie s’incrociano. Ma lo scambio ci fu senz’altro.
L’Homo sapiens non fu mai quella creatura eletta, l’unico signore degli animali, come viene suggerito dagli autori di antichi scritti religiosi, ma semplicemente un essere vivente come altri. Una specie come altre. Un cacciatore raccoglitore fra i cacciatori raccoglitori dell’Età della pietra. Tuttavia quest’ultima considerazione, che di primo acchito potrebbe sembrare riduttiva, non rende la storia delle nostre origini di certo meno emozionante. Anzi, ci invita a indagare nel nostro passato più remoto con maggiore attenzione, per scoprire quali situazioni, cause e sviluppi ci abbiano resi unici superstiti delle razze perdute, gli incontrastati “signori del pianeta”. La razza che non si estinse.
Se le grandi culture sorte a partire dal IV millennio a.C. ci affascinano con i resti grandiosi dei loro palazzi, i templi misteriosi e le suggestive sepolture talvolta monumentali, il mondo del Paleolitico, l’Era glaciale, non è di certo da meno se pure differente. Ci propone l’esistenza di una varietà di specie umane – e quindi di culture ad esse collegate – che resta un fenomeno unico ed irripetibile nel suo genere. Probabilmente è questa la fascinazione prodotta dai resti ossei e da umili artefatti di pietra e corno su migliaia di studiosi di tutto il mondo. Non i frammenti di per sé, non quei reperti consumati da decine o centinaia di millenni, ma tutto l’universo perduto che emerge poco a poco da un puzzle gigantesco in cui proprio quei frammenti rivestono un ruolo chiave. Il monumento più imponente è la ricostruzione delle nostre origini.
Ma torniamo all’ago e ricordiamo adesso chi è questo lontano parente, l’uomo di Denisova, perché il suo inserimento nell’albero dell’evoluzione umana è molto recente, risale appena a pochi anni fa. Le tracce dell’ominide sono venute alla luce soltanto a partire dal 2000. Prima un molare, poi il frammento osseo di un dito, poi un secondo dente. Nella Siberia meridionale, in una caverna dei monti Altaj. Una nuova specie umana. Approfondite analisi hanno confermato che si trattava di un’evoluzione del nostro remotissimo antenato, l’Homo heidelbergensis/erectus africano, dal quale ebbero origine l’Homo sapiens (progenitore dell’uomo anatomicamente moderno), l’uomo di Neanderthal e l’Homo floresiensis, il piccolo uomo di Flores.
Pelle scura, occhi marroni e capelli castani
Quattro specie differenti, quattro diverse possibilità di affrontare la grande sfida di vivere sul pianeta Terra. Alla mercé della natura, esposti a differenti situazioni climatiche estreme, a cambi repentini di temperatura, vegetazione e fauna. In un habitat imprevedibile e soggetto a terremoti ed eruzioni vulcaniche, a inondazioni e lunghi periodi di siccità oppure al gelo. Se alla fine la sola specie di Homo sapiens, la nostra, è riuscita a sopravvivere sino ad oggi, dobbiamo però pensare che in base allo stato attuale della ricerca l’Homo sapiens esiste da circa 180.000 anni (Homo sapiens Idaltu, Etiopia) e che, tanto per fare un esempio, l’esistenza del nostro antenato Homo erectus è durata circa due milioni di anni. Osservata da questa prospettiva, la nostra specie è giovanissima.
Le analisi del DNA mitocondriale, condotte dal genetista Svante Pääbo dell’Istituto Max Planck di Lipsia, hanno dimostrato che l’uomo di Denisova è “imparentato” sia con l’Homo sapiens che con l’uomo di Neanderthal, laddove la maggiore corrispondenza genetica è stata riscontrata fra il DNA dell’uomo di Denisova siberiano e il DNA dei resti fossili di Neanderthal trovati in Croazia e nel Caucaso (rispettivamente nella Grotta di Vindija e nella Grotta di Mezmaiskaja). Per quanto riguarda invece le popolazioni di oggi, l’analisi genetica ha dimostrato che l’uomo di Denisova è meno vicino agli europei, asiatici e africani di quanto non lo sia l’uomo di Neanderthal, mentre presenta una notevole parentela con le popolazioni della Melanesia.
Inoltre pare che la diffusione delle genti di Denisova nell’Asia orientale risalga a ben 300.000 anni fa. Non è poi da escludersi che alcuni fossili scoperti in Cina, che per le loro caratteristiche peculiari non sono attribuibili né all’Homo erectus, né all’Homo sapiens, possano essere ascritti nel prossimo futuro all’uomo di Denisova. Anche il DNA degli aborigeni australiani contiene una notevole percentuale dell’uomo di Denisova. Nel 2002 i risultati di ulteriori analisi genetiche hanno rilevato degli alleli che nelle popolazioni moderne sono responsabili per il colore scuro della pelle, per i capelli castani e gli occhi marroni.
Intorno a 40.000 anni fa l’uomo di Denisova, questo robusto ominide a giudicare dalla grandezza dei denti ritrovati, era di casa nell’Asia orientale, mentre l’uomo di Neanderthal popolava prevalentemente l’Asia occidentale, il Medio Oriente e l’Europa. La nostra specie di Homo sapiens, giunta dall’Africa, incontrò i due ominidi durante i lunghi spostamenti attraverso il Medio Oriente, l’Asia e l’Europa, favorendo così le ibridazioni che avrebbero portato alle origini delle popolazioni moderne. L’Homo sapiens cacciatore e raccoglitore portò con sé nuove tecnologie. Fino a poco tempo fa si credeva che anche l’ago fosse una sua invenzione, una tecnica datata a circa 26.000 anni fa. Oggi la scoperta dell’ago siberiano rivoluziona anche questo settore.
7 centimetri di cultura: l’ago di osso del Denisova
Già il ritrovamento del bracciale di clorite nella Grotta di Denisova aveva posto numerosi interrogativi e intrigato parecchio gli studiosi. Un monile di semplice ma raffinata bellezza, di sorprendente modernità, fabbricato 40.000 anni or sono da una specie diversa dall’Homo sapiens. Un oggetto ornamentale che anticipa di molti millenni i gioielli delle sepolture russe di Sunghir o di quelle italiane di Arene Candide. Un gioiello coevo delle statuette del protoaurignaziano, come il magnifico Uomo leone di Hohlenstein o la Venere di Hohle Fels, oppure ancora l’enigmatico flauto di Divje Babe. E la cosa più incredibile era che l’artefice di questo bracciale si rivelava essere un emerito sconosciuto, un nuovo ominide, la cui esistenza fino alla riesumazione dei suoi denti non era nota a nessuno.
Ma l’uomo di Denisova, a quanto pare, non finisce di stupirci e adesso ci presenta anche un ago. Questo manufatto emerge, come il bracciale e i reperti fossili, sempre dalla sopracitata caverna. L’ago è molto più antico del bracciale, la datazione fornisce la cifra sensazionale di 50.000 anni. È lungo 7 centimetri e ricavato da un osso di uccello. È venuto alla luce durante gli scavi dell’ultima campagna estiva sui monti Altaj. Il professor Michail Shunkov, che lavora sin dal 2008 con il suo team nel giacimento paleologico siberiano, osserva:
“È la scoperta più singolare della stagione, che può essere definita sensazionale. (…) È un ago fatto di osso, attualmente l’ago più antico del mondo. Risale a circa 50.000 anni fa.”
L’importanza di questo semplice ago sta nel fatto che l’uomo di Denisova evidentemente usava l’artefatto per cucire le pelli di animali e poteva quindi confezionare migliori coperture per gli accampamenti stagionali, ma soprattutto abiti più comodi ed efficaci per proteggersi dal freddo. Dobbiamo quindi immaginare, quando pensiamo a questo lontanissimo cugino, un ominide relativamente intelligente e progredito che ci sarebbe venuto incontro indossando abiti di pelle, magari anche abbelliti con piume o perle, probabilmente portando robuste calzature ai piedi e di certo agghindato con monili dalla bella forma, come il suo bracciale di clorite verde.
La Grotta di Denisova, che è situata a circa 160 chilometri a sud della città di Barnaul, era frequentata da ominidi già 282.000 anni or sono. I più antichi resti fossili dei Denisova in loco indicano che la presenza di questa specie nella caverna rimonta a 170.000 anni fa. Il genetista Svante Pääbo ha osservato che la Grotta di Denisova è attualmente l’unico sito in cui sia stato registrato il passaggio, nel corso dei millenni, di tre specie di ominidi diverse: l’Uomo di Denisova, l’uomo di Neanderthal e l’Homo sapiens. Tre diverse vie percorse dall’evoluzione umana, individui che occasionalmente si mescolarono fra loro dando origine alle popolazioni europee, asiatiche e melanesiane.
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