Insediamenti preistorici in Perù
I primi uomini sulle Ande. A 4500 m di altitudine, in Perù. Là, dove l’aria è sottile e quando fa freddo il mercurio scende sotto lo zero. Non ci sono alberi, solo cespugli e piante. Sotto lo sperone roccioso di Cuncaicha, in una grotta, i primi uomini hanno vissuto circa 12.400 anni fa. L’ha scoperto l’archeologo Kurt Rademaker dell’Università di Maine, USA. Erano i primi cacciatori-raccoglitori che popolarono l’America latina.
Non ci sono alberi lassù, è vero. Ma c’è dell’acqua, e anche selvaggina. Due elementi essenziali che permisero a questi pionieri di insediarsi sull’altopiano andino. Rademaker afferma:
„Gli uomini dell’Età della Pietra sono vissuti alla fine dell’Era glaciale in uno dei territori più estremi del pianeta ed evidentemente con successo. Questo ci fa capire che erano in grado di vivere quasi dappertutto.”
E le sue scoperte sono un nuovo contributo alla ricerca paleontologica nell’America latina che tiene in serbo sempre molte sorprese. Già negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, l’archeologo Tom Dillehay aveva scoperto l’insediamento preistorico cileno di Monte Verde, i cui reperti risalivano a ben 14.500 anni fa. E questo cambiò l’opinione dei ricercatori dell’epoca che collocavano le migrazioni dei primi Siberiani nel Continente americano soltanto 13.000 anni fa, identificando queste popolazioni con la cultura Clovis, caratterizzata dall’uso di particolari punte litiche che sono state reperite in tutti gli Stati Uniti. Le scoperte effettuate invece nell’America latina negli ultimi anni, hanno confermato l’esistenza di cacciatori-raccoglitori già 14.000-12.000 anni fa, vale a dire ancor prima che la cultura Clovis prendesse piede nell’America del nord.
I nuovi reperti aprono anche nuovi orizzonti. La ricerca dell’archeologo Rademaker, infatti, è iniziata a circa 150 chilometri di distanza dalla grotta andina, lungo la costa di Quebrada Jaguay, nel Perù meridionale. Qui l’archeologo Daniel Sandweiss aveva scoperto un giacimento paleolitico che risaliva a 13.000-11.000 anni fa. Fra i reperti vi erano resti di pasti a base di molluschi e pezzi di ossidiana, vetro vulcanico utilizzato per la fabbricazione di strumenti di pietra. L’ossidiana, però, non era reperibile nel territorio costiero, quindi doveva provenire dalle montagne. Alla ricerca dell’ossidiana, Rademaker si recò sulle Ande e scoprì giacimenti di ossidiana sul monte Condorsayana.
Durante un’escursione nel bacino di Pucuncho, un altopiano attraversato da un fiume e ricco di selvaggina – lama, vicunja, guanaco e alpaca -, Rademaker trovò un gran numero di punte litiche e resti di lavorazione della pietra. Esaminando la zona lungo il fiume, notò lo sperone roccioso di Cuncaicha con la sua caverna e, nel 2007, iniziò gli scavi. Portò alla luce molti resti fossili di animali, soprattutto cervi e vicunja. Anche un frammento di cranio umano, la cui età è però non chiara a causa della mancanza di DNA. Inoltre trovò alcuni utensili fatti di pietre che non si possono reperire nei dintorni della grotta. Si trattava quindi di materiale che questi abitanti andini dovevano aver ricavato da altre regioni oppure acquisito tramite scambi con altre popolazioni.
Ma un giacimento costiero di Quebrada Santa Julia aveva rivelato anche degli utensili litici fatti di trasparente quarzo, materiale anch’esso non presente in zona. Gli archeologi cercarono le tracce di possibili vie che portavano a giacimenti di quarzo nell’entroterra ed ebbero fortuna: scoprirono infatti un’area in cui si poteva facilmente estrarre del quarzo dalla roccia. I cacciatori di 12.600-11.400 anni fa, che si erano insediati proprio nelle immediate vicinanze, l’avevano fatto. Una prova indiscutibile a dimostrazione che 12.000 anni fa i cacciatori-raccoglitori di quella zona ebbero contatti con altre popolazioni costiere, con cui intrattenevano un rapporto di scambio.
Archeologia in Sudamerica: una corsa contro il tempo
Purtroppo il lavoro degli archeologi in America latina è una corsa contro il tempo. Alcuni siti con importanti insediamenti del Pleistocene non avranno lunga vita. Non solo a causa di agenti naturali, come erosione da vento oppure cambiamenti degli specchi d’acqua. Sono destinati a sparire inghiottiti dalla diffusione dell’agricoltura industriale, dalla costruzione di strade e miniere, dall’antropizzazione.
Se la costruzione di nuove miniere può portare alla scoperta di nuovi siti preistorici com’è accaduto in Bolivia, d’altra parte i cantieri possono decretare la fine degli scavi archeologici appena questi sono cominciati. In Perù l’archeologo Tom Dillehay ha visto con i propri occhi dei bulldozer spianare antichi insediamenti e distruggere dei reperti intenzionalmente, affinché i lavori di costruzione non fossero interrotti.
Al momento la grotta di Cuncaicha non corre pericoli di questo tipo e Kurt Rademaker continua il suo lavoro di ricerca per scoprire di più sui rapporti di scambio fra gli abitanti della caverna e le altre popolazioni preistoriche del Perù. A piedi, lo zaino in spalla, lui e i suoi colleghi si arrampicano da una roccia all’altra così come fecero decine di migliaia di anni fa i primi cacciatori-raccoglitori delle Ande. Archeologia estrema, trekking a servizio della scienza.
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