Un enigma di 12.000 anni fa sospeso tra immagini e scrittura

 

 

Forse una scrittura dell’Età della pietra fu adottata dai costruttori di Göbekli Tepe? 12.000 anni fa, nei complessi sacri dell’odierna Turchia, sono stati incisi dei segni misteriosi e il professor Ludwig Morenz, egittologo dell’Università di Bonn, è convinto che si tratti di simboli che precedono un arcaico sistema di scrittura. Una vera rivoluzione nel pensiero e nella filosofia di vita dell’uomo preistorico. È possibile?

Veduta di un santuario-2Benefits - Eigenes WerkCC BY-SA 3.0

Göbekli Tepe. Un santuario. Sono visibili i pilastri a forma di tau con rilievi di animali e simboli. E proprio queste decorazioni potrebbero rivestire un significato ben preciso. . © 2Benefits – Eigenes Werk CC BY-SA 3.0

 Dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, un team archeologico sotto la direzione del professor Klaus Schmidt (purtroppo recentemente scomparso) ha condotto degli scavi sul monte anatolico di Göbekli Tepe, a 15 km dalla città turca di Sanliurfa, l’antica Edessa. Qui, a 750 m di altezza, gli uomini del Paleolitico eressero intorno a 12.000 anni fa i primi santuari monumentali di pietra. Ci sono centinaia di pilastri a forma di Tau di roccia di calcare che raggiungono i 6 m di altezza e sono disposti in cerchio. Delimitano aree di culto, 20 santuari. E questi pilastri sono decorati con bassorilievi di animali: serpenti, scorpioni, volpi, gru, gazzelle, asini oppure il cranio stilizzato di un uro. Ma non solo questo. Sui pilastri appaiono anche altri simboli astratti come falci lunari, una specie di C e una H rovesciata.

 Finora si era creduto che i bassorilievi fossero esclusivamente una forma di decorazione dello spazio sacro. Adesso il professor Morenz afferma che si tratta, a suo avviso, di un arcaico sistema di scrittura. Una dichiarazione che ha lasciato l’ambiente accademico con il fiato sospeso, soprattutto perché Morenz è un egittologo di fama. Ma il professore, che ha lavorato per anni sul colle turco accanto allo scomparso Klaus Schmidt scopritore di Göbekli Tepe, non si scompone e dice:

Göbekli-Tepe-pilastro-con-volpe-foto-Zhengan - Eigenes WerkCC BY-SA 4.0

Göbekli Tepe. Un pilastro con il rilievo di una volpe. Forse il disegno dell’animale significava qualcosa di preciso? © Zhengan – CC BY-SA 4.0

 „Il santuario è l’anello mancante fra le immagini e i primi segni di scrittura. Segni che permettono di raggiungere nuovi traguardi nella ricerca storica della comunicazione umana. (…) Si tratta di un salto in un nuovo universo mediale. Göbekli Tepe rappresenta lo sviluppo da pure immagini a segni criptici con un significato specifico.”

 L’affermazione dell’egittologo si basa su prove concrete. Infatti sono state trovate 20 immagini molto simili a quelle scolpite sui pilastri di Göbekli Tepe anche in altri luoghi altrettanto antichi, situati tutti a circa 150 km di distanza dal complesso del colle. Ma che significano allora? Ecco alcuni esempi: un serpente scolpito su pilastro potrebbe simbolizzare una minaccia oppure anche un’assenza, poiché l’impronta del serpente sulla sabbia rimane anche dopo che l’animale se n’è andato. Mentre l’immagine di una mano – così il professore – potrebbe essere segno di protezione, di difesa. Interessante è anche il fatto che alcuni simboli siano stati incisi su piccole pietre piatte. Immagini dal valore apotropaico? Se la teoria di Ludwig Morenz corrisponde alla realtà dei fatti, abbiamo a che fare con un tipo di società altamente specializzata che, già 12.000 anni fa, si esprimeva per mezzo di simboli dal significato preciso e astratto.

 Certo, ribadiscono altri studiosi, del resto abbiamo esempi ancor più antichi di segni arcaici che precedono la scrittura. Anche nelle caverne di Africa, Asia ed Europa gli uomini del Paleolitico hanno lasciato, a prescindere dalle splendide pitture, incisioni geometriche e simboli. Le antropologhe April Nowell e Genevieve von Petzinger della canadese Università Victoria affermano che soprattutto nelle grotte francesi abitate da 35.000 a 10.000 anni fa vi sono simboli e segni misteriosi. In ben 147 grotte le due studiose hanno rilevato 26 segni differenti, fra i quali: linee, cerchi, punti e angoli. E poi impronte di mani, sia in positivo che in negativo.

Simboli differenti in epoche differenti: scrittura della preistoria?

Göbekli-Tepe-complesso-B- foto-Peter Simon - Eigenes WerkCC BY-SA 3.0

Göbekli Tepe. Pilastro con avvoltoi e altri simboli. Anche questa raffigurazione enigmatica potrebbe essere, secondo il professor Morenz, un inizio di scrittura. . © Peter Simon CC BY-SA 3.0

 Nowell e von Petzinger hanno notato anche una differenza nella distribuzione dei simboli a seconda dell’epoca preistorica. Nel periodo Aurignaziano (ca. 45.000-31.000 anni fa) i punti colorati oppure le incisioni di punti poi colorati sono presenti nel 78% delle caverne, mentre nel Magdaleniano (ca. 18.000-12.000 anni fa) soltanto nel 49%. Negativi di mani diventano invece con il passare del tempo più numerosi delle impronte positive.

 Se le immagini di Göbekli Tepe vengono interpretate come inizio di un sistema di scrittura, allora dobbiamo prendere in considerazione anche i simboli delle grotte del Paleolitico come possibili mezzi di comunicazione. Ovviamente il loro significato ci sfugge, possiamo solo fare delle speculazioni. Magari stavano a contrassegnare l’appartenenza a un clan, oppure erano segni di carattere sacro che si riferivano a qualche divinità a noi ignota, oppure anche sistemi di computo, calendari, e così via.

Complesso- C- pilastro-uccelli-foto-Klaus-Peter Simon - Eigenes WerkCC BY-SA 3.0

Göbekli Tepe. Una scrittura di 12.000 anni fa? Pilastro con uccelli. © Klaus-Peter Simon CC BY-SA 3.0

 Alla teoria di Morenz, Nowell e von Petzinger, si associano scoperte recenti che catapultano il lettore da 12.000 anni fa ad addirittura 500.000 anni or sono. Anche queste parlano di segni incisi dalla mano dell’uomo. La scoperta è stata fatta su di una conchiglia preistorica conservata al Museo di Storia Naturale di Leiden, in Olanda. Questo reperto, insieme ad ossa animali e altri oggetti, era stato portato alla luce nel 1891 dall’olandese Eugène Dubois in Indonesia, sulla riva del fiume Solo, isola di Giava. Ebbene, l’archeologa Josephine Joordens ha notato su questa conchiglia l’incisione di un disegno a zigzag e una sorta di M.

 Secondo l’analisi eseguita con la tecnica della termoluminescenza, gli uomini di Giava che avrebbero inciso le linee sulla conchiglia, sarebbero appartenuti alla specie Homo erectus e vissero sull’isola ben 500.000 anni fa. La conchiglia era accompagnata da 143 gusci di molluschi d’acqua dolce. Alcuni di questi presentano un foro prodotto per mezzo di denti di squalo. Gli abitanti dell’insediamento sulla riva del fiume Solo erano in possesso di denti di squalo raccolti in un altro territorio, sulla costa dell’isola, e si presume quindi che siano stati loro ad effettuare i fori sulle conchiglie. Dopodiché avrebbero lucidato il bordo dei gusci con un utensile, fino a raggiungere un effetto di lucentezza. Queste genti già portavano addosso degli ornamenti?

All’inizio era il Verbo…

 A tale proposito vorrei ricordare che anche nel giacimento di Bilzingsleben, in Germania, il professor Dietrich Mania scoprì un frammento osseo con incisioni a ventaglio praticate dall’Homo erectus heidelbergensis 370.000 anni fa. La stessa specie di ominide che abitava 500.000 anni fa l’isola di Giava e praticò le incisioni sulla conchiglia.

Dettaglio-di-statua-con-serpente-Museo-di- Şanlıurfa Foto -Klaus-Peter Simon - Eigenes WerkCC BY-SA 3.0

Dettaglio di pilastro antropomorfo con serpenti. Proprio questi rettili appaiono di frequente nell’iconografia di Göbekli Tepe. Un segno di scrittura arcaica? Museo di Sanliurfa. © Klaus-Peter Simon CC BY-SA 3.0

 Per molti ricercatori questi reperti sono la prova di una facoltà intellettuale complessa propria dell’Homo erectus. D’altra parte sappiamo che questo ominide fruiva già di un cervello abbastanza grande il quale, come sostiene l’antropologo Jean-Jacques Hublin, “avrebbe dovuto permettergli una complessa struttura di pensiero.”

 Ma se i segni sulla conchiglia e sul frammento osseo dell’Homo erectus heidelbergensis, se i simboli delle grotte francesi ancora scatenano discussioni e diatribe fra gli studiosi, l’interpretazione dei bassorilievi di Göbekli Tepe effettuata dal professor Morenz sta guadagnando sempre più terreno.  A Göbekli Tepe, un territorio allora fertile tra il Tigri e l’Eufrate, il processo di sedentarizzazione ebbe luogo molto presto. La montagna con i suoi santuari era il centro di una regione con un diametro di almeno 200 km.

 Klaus Schmidt immaginò un luogo sacro di riunione dei diversi clan allo scopo di praticare delle cerimonie religiose ricorrenti. Cacciatori che praticavano l’allevamento e la coltura di cereali ed erano in stretto contatto fra loro, adottavano gli stessi simboli che gli archeologi hanno trovato  in altri luoghi dei dintorni, come Jerf-el-Ahmar in Siria, o Tell Qaramel a nord della città di Aleppo. Non è un caso isolato, questa Göbekli Tepe dalle tante sorprese, ma piuttosto il centro religioso di un vasto territorio, un’Olimpia dell’Età della pietra, come l’ha definita il professor Morenz.

 

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