Ora è certo. All’alba del periodo dinastico una regina sedeva sul trono d’Egitto: Neith-hotep. Questa teoria, impugnata dall’egittologo Walter B. Emery più di 50 anni fa, si era scontrata con le remore dell’establishment che rifiutava di accettare l’idea di una regina importante a capo del governo all’inizio dell’epoca dinastica. Tanti sono stati i grandi faraoni, poche le regine potenti. I re d’Egitto governarono incontrastati per millenni con brevi, sparuti intervalli di regine particolarmente forti e visionarie come la tenace Hatshepsut che salì al trono in qualità di reggente del figliastro Tutmosis, o l’astuta Cleopatra reggente del fratello Tolomeo.

Indizi nel deserto, Wadi Ameyra

Eppure Walter Emery, grande specialista dell’Egitto protodinastico, aveva segnalato la presenza di alcune regine a pieno titolo sepolte in tombe fin troppo maestose per essere state le semplici, insignificanti compagne di re. Aveva segnalato altri indizi scoperti sui reperti antichi, tracce evidenti e ben palpabili che raccontavano tutt’altra storia. Invano. Fu una voce nella tempesta. Adesso una recente scoperta archeologica nel deserto del Sinai gli dà ragione, aggiungendo una prova in più a sostegno della sua tesi. E questa volta si sono alzate altre voci di studiosi in suo favore.

 

La prima regina sul trono d�Egitto e i geroglifici del Sinai

Stele dell’epoca tolemaica. La dea Neith siede sul trono e porta sul capo la corona rossa del Basso Egitto. Museo Egizio del Cairo.

La sua tesi sarebbe confermata dalla lista dei re del Papiro di Torino, in cui appare subito dopo il nome di Horus-Aha quello di un misterioso re “Teti”. Secondo il Papiro, re Teti avrebbe regnato per un anno e 45 giorni. Pierre Tallet pensa che Teti sia stato uno dei nomi appartenenti alla titolatura della regina Neith-hotep. Però attenzione, perché sappiamo che la lettura dei geroglifici (e soprattutto quando ci troviamo all’alba dell’epoca dinastica) presenta diverse difficoltà non indifferenti, problemi complessi. A volte è davvero come decifrare un rebus. Di conseguenza la trascrizione resta spesso una pura interpretazione, aperta a diverse speculazioni.

La Signora di Neith e l’enigma della sua tomba

Il deserto conserva molti tesori. Nei wadi sono stati scoperti diversi siti importanti come quelli con raffigurazioni di navi e barche, grandi temi di discussione fra gli esperti. Il deserto conserva e distrugge allo stesso tempo. Sospinta dal vento, la sabbia secca agisce sulle superfici di roccia come carta vetrata, tende a cancellare le incisioni e le pitture. I reperti archeologici, quindi, sono soggetti a erosione. A volte scompaiono del tutto ancor prima di essere scoperti, altre volte permangono, ma talmente sbiaditi che si fatica ad individuarli. Il secondo caso è già una fortuna. La fortuna che ha sorriso all’archeologo Pierre Tallet dell’Università della Sorbona e al suo team.

Nel 2012 il gruppo ha scoperto ben 60 raffigurazioni rupestri 18 chilometri a est della zona costiera del Golfo di Suez, nel deserto del Sinai meridionale. Wadi Ameyra. Questi geroglifici contano più di 5000 anni e sono, quindi, da annoverare fra le iscrizioni geroglifiche più antiche in assoluto. Ma la vera sensazione è il loro contenuto. Vi appare infatti il simbolo tipico della regina Neith-hotep, il suo nome. Non solo questo. La sovrana risulta, secondo le iscrizioni di Wadi Ameyra, come la mandante di una spedizione alla ricerca di materie prime nel Sinai. Un’azione che le sarebbe stata possibile soltanto in qualità di governante a tutti gli effetti, e non di semplice consorte del re. A ciò si aggiunge il fatto che Neith-hotep sembrerebbe essere stata, sempre alla luce dei geroglifici di Wadi Ameyra, non la consorte di Narmer (il Siluro furioso)- come si è creduto fino ad oggi – bensì la moglie del suo successore Horus-Aha (Horus il Combattente). Pierre Tallet pensa che questa regina compagna di Horus-Aha sia rimasta vedova e quindi abbia impugnato saldamente le redini dello Stato come reggente per il figlio Djer.

La sua tesi sarebbe confermata dalla lista dei re del Papiro di Torino, in cui appare subito dopo il nome di Horus-Aha quello di un misterioso re “Teti”. Secondo il Papiro, re Teti avrebbe regnato per un anno e 45 giorni. Pierre Tallet pensa che Teti sia stato uno dei nomi appartenenti alla titolatura della regina Neith-hotep. Però attenzione, perché sappiamo che la lettura dei geroglifici (e soprattutto quando ci troviamo all’alba dell’epoca dinastica) presenta diverse difficoltà non indifferenti, problemi complessi. A volte è davvero come decifrare un rebus. Di conseguenza la trascrizione resta spesso una pura interpretazione, aperta a diverse speculazioni.

Ecco un esempio delle tante incertezze e delle poche sicurezze che scaturisce proprio dall’analisi dei geroglifici del Sinai: un’altra delle iscrizioni rupestri annulla d’un colpo il fatto che re Menes sia stato il fondatore della città di Menfi dalle bianche mura. Questo importante centro a mezza strada fra l’Alto e il Basso Egitto viene invece collegato a re Iri-Hor, uno dei regnanti della dinastia 0, quindi precedenti a Narmer. Un emerito sconosciuto. Se ciò è vero, se fosse stato davvero Iri-Hor a fondare Menfi, allora Iri-Hor sarebbe da identificarsi con il leggendario Menes, nonostante non siano mai stati trovati indizi in questo senso. Una bella confusione. Da tutto ciò si capisce bene come sia difficile decifrare i geroglifici più antichi e soprattutto inserirli nel giusto contesto storico. Tutto rimane ancora aperto.

In ogni caso le iscrizioni geroglifiche del Sinai furono eseguite da componenti della spedizione che, partita dalla Valle del Nilo, doveva raggiungere “Bi-au”, la Terra dei minatori per rifornirsi di rame e turchesi. In effetti il team di Pierre Tallet ha trovato diversi siti che presentano tracce di attività minerarie a sud di Wadi Ameyra. Però in tutto questo scenario una cosa è certa e non si può più mettere in discussione: l’importanza della regina Neith-hotep e il suo ruolo, al momento della spedizione, di sovrana incontrastata.

Abbiamo visto che, per il momento, anche la giusta collocazione di Neith-hotep nella cronologia dei re egizi rimane incerta. Pierre Tallet ha esposto la sua tesi che farebbe coincidere Neith-hotep con il regnante “Teti”, ma non sappiamo se ciò corrisponda alla realtà dei fatti di quell’epoca così lontana e poco decifrabile. Emery la voleva, come ho scritto più sopra, consorte di Narmer. La sua tesi si basava anche sulle iscrizioni geroglifiche della testa di mazza di Narmer che secondo l’egittologo inglese avrebbero raffigurato l’unione del re con la regina del Delta Neith-hotep. Di certo il nome della regina contribuì a tale deduzione. Un nome che rispecchia la dea Neith (“Neith è contenta”), importante divinità del Delta presente già in epoca predinastica. Ma, a prescindere da tutto ciò, sia Emery che altri suoi colleghi furono molto impressionati dalle dimensioni della tomba di Neith-hotep.

British Museum. Foto: Capmondo CC BY SA 3.0

Placchetta d’avorio con il nome della regina Heith-hotep trovata nella tomba di Horus-Aha. British Museum. ©Capmondo CC BY SA 3.0

Il sepolcro della regina si trova a Naqada ed era originariamente un monumento rettangolare a mastaba che misurava 53, 4 m di lunghezza e 26,4 m di larghezza. Il tipo di costruzione, nonostante la tomba si trovi nell’Alto Egitto, rispecchiava secondo Emery il genere architettonico a nicchie tipico del nord e non si può dargli torto (vedi Saqqara). Ora il fatto è che la tomba di Narmer scoperta ad Abido, in confronto a quella di Neith-hotep, è un buco. Le dimensioni sono molto più piccole. Al contrario delle tante camere della tomba di Neith-hotep, quella del “Siluro furioso” ne contava soltanto due. Come si può spiegare questa incredibile discrepanza? Una domanda che Emery si pose già tanti anni or sono.

Nonostante le due tombe di re Horus-Aha – il presunto marito di Neith-hotep secondo Tallet – siano di dimensioni sicuramente maggiori, anch’esse non superano però la sepoltura della regina. A Horus-Aha è stata attribuita una tomba ad Abido che conta 11,7 m di lunghezza e 9,4 mm di larghezza, e una tomba a Sakkara che è un po’ più piccola di quella della regina. Quest’ultima presenta la particolarità di essere affiancata da una nave fatta di mattoni, in cui probabilmente un tempo era contenuta un’imbarcazione di legno simile a quelle che sono venute alla luce accanto alla piramide di Cheope a Giza, presso il Cairo.

A questo punto bisogna fare una considerazione importante. Le tombe a nostra disposizione sono quelle finora ritrovate, ma non è detto che siano le uniche. Di certo le sabbie del deserto nell’Alto Egitto o i terreni interessati dall’antropizzazione nell’area del Delta possono celare altre sepolture a noi ignote, monumenti in attesa di essere scoperti. Una difficoltà in più per poter fare un bilancio generale della situazione nelle necropoli. E tuttavia possiamo dire in tutta tranquillità che l’ultima dimora di Neith-hotep era un grande monumento funebre, imponente, degno di una sovrana importante, che non aveva nulla da invidiare alle sepolture dei re suoi contemporanei.

Due mariti per una regina

Dunque, secondo gli elementi in nostro possesso all’attuale stato della ricerca, sembrerebbero esserci due possibilità: o Neith-hotep fu la consorte di Narmer, come sosteneva a suo tempo Walter Emery, oppure fu la consorte di Horus-Aha, come ritiene oggi Pierre Tallet. Se fu la sposa di Narmer, governò inizialmente all’ombra di un conquistatore, giacché a Narmer si attribuisce l’unificazione delle Due Terre. L’ultima delle azioni armate che facevano parte di una lunga catena iniziata dai suoi predecessori, come re Scorpione. La conquista graduale, partendo dai territori del sud, dell’intero Paese che poi si potrebbe riassumere nella presa del Delta.

Evidentemente il Delta era da sempre un territorio fertile che contava centri agricoli importanti già in epoca predinastica, come per esempio quello di Merimde. Era l’area del Basso Egitto in cui Walter Emery immaginava un regno predinastico alla cui testa erano state, forse, delle regine. Proprio come Neith-hotep o come Merit-Neith, donne dal nome importante, teoforo, che portava in sé il nome della dea degli inizi. Neith. Una divinità forte, battagliera, munita di arco e frecce. Probabilmente lo stravolgimento di una divinità femminile più antica della fertilità che divenne poi, alle soglie dell’epoca dinastica, una dea dal carattere bellico per poter essere accolta nel pantheon di re guerrieri.

La prima regina sul trono d�Egitto e i geroglifici del Sinai

Dettaglio dei geroglifici di Wadi Ameyra che riporta il nome della regina Neith-hotep.

Le vittorie di Narmer sono state riportate su diversi oggetti rituali che gli appartenevano, come la famosa Tavoletta di Narmer o la testa di mazza del re. Conosciamo tutti questo sovrano che si fece raffigurare da una parte della paletta cerimoniale con la corona bianca dell’Alto Egitto sul capo e dall’altra con la corona rossa del Delta, dimostrando così il suo dominio incontrastato sulle Due Terre. Un re immortalato nell’atto di colpire il nemico con la mazza, come avrebbero fatto tutti i faraoni suoi successori per millenni. Il Siluro furioso. Nomen est omen, dicevano i Romani.

Ma che sappiamo del secondo potenziale marito? Di Horus-Aha? Questi sembra essere salito al trono dopo la morte di Narmer, ma anche qui la situazione è molto più complicata di quanto sembri di primo acchito. Il suo nome il “Combattente” dice tutto. In lui Walter Emery riconosceva il leggendario Menes. Un’ipotesi suffragata dall’esistenza di una tavoletta che fu scoperta nella tomba della regina Neith-hotep e in cui appaiono i due nomi di Horus-Aha e Menes l’uno accanto all’altro. Menes viene dall’egizio “men” che stava a segnalare la durata del regno d’Egitto che il suo predecessore aveva unificato. La tavoletta ritrovata nella tomba della regina narra di una cerimonia definita “accogliere il nord e il sud” che sembrerebbe quindi rispecchiare anch’essa il tema dell’unificazione di Alto e Basso Egitto.

Horus-Aha era anche il signore di Libia e Nubia, il suo regno si estendeva sino a raggiungere la prima cataratta. Altre tavolette raccontano che Horus-Aha fece costruire un tempio nel Delta, a Sais, in onore della dea Neith protettrice del nord. E, come un leit motiv, torna il tema della donna regina, della dea del nord che doveva essere omaggiata dal re maschile le cui origini affondavano nel sud. Si capisce bene che la teoria di Emery non si basava di certo sul nulla. Diversi elementi suggerivano che il territorio del Delta avesse svolto un ruolo importante nel passato predinastico e che la divinità femminile di Neith fosse stata in primo piano. Dove domina una dea femminile, dev’esserci stata un tempo una struttura sociale al femminile o perlomeno il cui focus era la donna.
A Horus-Aha fu attribuita inoltre la costruzione della città di Menfi, ma abbiamo visto che i geroglifici del Sinai fanno vacillare questa teoria. Forse Menfi esisteva già prima, fondata dal misterioso Iri-Hor, di cui quasi nulla sappiamo e la cui esistenza per molti anni fu addirittura negata. Grazie ai lavori dell’egittologo Günter Dreyer, sappiamo oggi che Iri-Hor esistette davvero, poiché lo studioso tedesco ha rinvenuto ben 27 oggetti che portano il suo nome nella necropoli di Abido oltre a una tomba di notevoli dimensioni situata accanto a quella di Narmer e degli altri re. Il monumento di Iri-Hor è uno dei più antichi della necropoli abidena ed è formato da due camere separate.

Il Combattente e il Siluro furioso. Chi dei due visse a fianco di Neith-hotep? Della donna dalla sepoltura imponente e il nome di una dea del nord? Di una regina che organizzò una pericolosa spedizione nel deserto per raggiungere le miniere del Sinai? Anche a questo interrogativo, come a tanti altri, la consueta risposta: lo dirà il tempo. Per il momento ci basti aggiungere una nuova tessera al mosaico del passato egizio. Ora sappiamo che Neith-hotep governò a pieno titolo, come tanti re prima e dopo di lei.

 

Per l’Egitto predinastico e protodinastico, rimando al mio saggio „Prima di Cheope“ edito da Nexus Edizioni, 2013.

I miei libri e ebooks