L’enigma Kyot: chi era costui?
Wolfram von Eschenbach e il Graal, due enigmi affascinanti ispirati da un terzo enigma: Kyot di Provenza. Il contenuto dei due poemi graalici di Wolfram von Eschenbach „Parzival“ e „Titurel“ si rifa alla “matière de Bretagne”, vale a dire al ciclo leggendario dei racconti di re Artù e dei cavalieri della Tavola rotonda. Iniziatore del mito del Graal era stato un francese, Chréstiens de Troyes, che scrisse intorno al 1190 l’opera “Conte du Graal”, dedicata al conte Filippo di Fiandra.
Un altro francese, l’ecclesiastico Robert de Boron, continuò sulle orme del compatriota con “L’Estorie du Graal”, introducendo però nel suo componimento alcuni elementi spiccatamente cattolici che stravolgevano la storia originaria di Chréstien. Se il poema di Chréstien era una sorta di romanzo cavalleresco che si sviluppava intorno alle figure arturiane di Perceval e Gawain e rimaneva fedele alle tematiche della letteratura celtica, Robert scrisse invece la leggenda di Giuseppe d’Arimatea, attinta dai vangeli apocrifi, e identificò il Graal con la coppa contenente il sangue di Gesù. Il componimento di Robert, quindi, effettuò la cristianizzazione di una leggenda che originariamente di cristiano non aveva nulla, e che si riallacciava semmai alla mitologia celtica del “Mabinogion”.
I due poemi di Chréstien e Robert avevano in comune soltanto i termini “Graal” e “Re pescatore”, nient’altro.
In ogni caso Chréstien fu il primo in assoluto a definire l’oggetto misterioso con il nome di “Graal”. Nessuno, prima di lui, aveva usato la parola in tale contesto. Che cos’era il Graal di Chréstien? Proprio questo è il problema. Leggendo il suo epos, non si riesce a capirlo. Forse l’autore stesso non vuole che si capisca e preferisce rimanere sul vago, dicendo soltanto che si tratta di un oggetto d’oro e di pietre preziose, un oggetto che emana una luce sovrannaturale. Ma era una coppa? Un bacile? Uno scrigno? O qualcos’altro ancora? Non si sa. L’opera di Chréstien è rimasta incompiuta. Chissà se, una volta portata a termine, avrebbe potuto fornirci una risposta.
Fatto sta che un bel giorno il trovatore e cavaliere Wolfram von Eschenbach decise di riprendere la materia trattata da Chréstien e di raccontare a modo suo la storia di Parzival. Ma Wolfram volle mettere le cose in chiaro e si premurò più volte, nel corso del poema, di sottolineare che la sua versione dei fatti era quella vera e che “maestro Chréstien” aveva riportato gli avvenimenti in modo errato. Questa precisazione stava molto a cuore al poeta tedesco, e ciò è strano perché contrasta in pieno con l’uso contemporaneo di valorizzare la propria opera presentandola come fedele proseguimento di un precedente scritto illustre. Anzi, alcuni autori arrivarono addirittura al punto di firmare il loro scritto con il nome del più noto predecessore, per conferirgli una certa autorevolezza.
Wolfram, al contrario, afferma e ripete che il contenuto del suo poema si differenzia da quello di Chréstien, che il suo “Parzival” è il più fedele alla realtà, perché corrispondente alla fonte originaria. E poi menziona la sua fonte: lo studioso Kyot di Provenza.
I germanisti hanno svolto intense ricerche per scoprire l’identità del misterioso Kyot ed individuare così il manoscritto che aveva ispirato Wolfram. Non riuscendo a venire a capo dell’enigma, alla fine hanno negato la storicità di Kyot di Provenza. Questi rimase per molto tempo un personaggio fittizio, un fantasma, un espediente letterario, un’allegoria. Recentemente, però, le cose sono cambiate.
Storicità di Kyot di Provenza
Si è rimessa in discussione la storicità di Kyot di Provenza e vi sono ormai diverse voci autorevoli che affermano di aver tolto il velo al mistero della sua identità. Una di esse è quella del germanista Hans Wilhelm Schäfer. Secondo Schäfer, il nome Kyot è una trasformazione del francese Guiot, derivato a sua volta da Guillelm, e il personaggio di cui parla Wolfram sarebbe il letterato Guillelm di Tudela. Questo religioso, nato nella Spagna settentrionale e appartenente all’Ordine di Sant’Antonio, visse dal 1199 in Francia e qui scrisse le sue “Chansons de la Croisade Albigeoise”.
In questo periodo, pensa Schäfer, Wolfram può aver fatto la sua conoscenza. Tanto più che nel “Parzival” Wolfram afferma: ”Kyot, celeberrimo maestro, scoprì a Dôlet il manoscritto perduto della nostra storia.” E secondo Schäfer il nome “Dôlet”, in cui si era sempre creduto di riconoscere Toledo, si riferisce invece a Tudela, la città natale di Guillelm. Anche i linguisti Henry e Renée Kahane ne sono convinti. All’epoca di Wolfram, Tudela era uno dei centri multiculturali d’Occidente in cui ebrei, musulmani e cristiani vivevano pacificamente porta a porta in uno scambio di tradizioni. Il sogno di ogni studioso e scienziato che sarebbe durato sino alle guerre della Reconquista. Dunque il misterioso Kyot di Provenza era Guillelm di Tudela.
Per approfondire i temi Graal e Templari, rimando alla lettura del mio saggio „L’Eresia templare“ edito da Venexia Edizioni, 2008
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