Nella città normanna del Priorato di Sion

 

 

Gisors, in Normandia. Forse nei sotterranei della fortezza medievale che si erge sulla collina della città, è nascosto un prezioso tesoro. Almeno così pensava il povero Roger Lhomoy, custode e giardiniere del castello negli anni Quaranta del secolo scorso. Lui il tesoro lo cercò davvero, mettendo a repentaglio la propria vita e perdendo l’intera famiglia. Ma non ebbe la fortuna di trovarlo. Eppure il fantomatico Priorato di Sion, ancora oggi, riconosce in quel sito la chiave al segreto di Rennes-le-Château.

La fortezza di Gisors s’innalza nella vallata del fiume Epte, sul colle adiacente alla città, in una regione che conserva antiche tracce di un passato megalitico: un dolmen chiamato Les trois Pierres (le tre pietre) e un menhir. Fu anche terra dei Celti, la memoria di queste antiche popolazioni è racchiusa proprio nel cuore del nome latino Gisortium. Più tardi i Romani strutturarono l’originaria città gallica. E nel 1097 un re normanno decise di far costruire quella fortezza reale che molti secoli dopo avrebbe dato adito a leggende e speculazioni sull’esistenza di un tesoro nascosto. Fu Guglielmo II detto il Rosso (1060- 1100), re normanno d’Inghilterra, a ricorrere all’abilità del maestro costruttore Robert de Bellême.

Invece le speculazioni su un eventuale tesoro nascosto nel castello giungono dalla penna dell’autore francese Gérard de Sède. Lo stesso scrittore che rese l’affare di Rennes-le-Château famoso in tutta la Francia. Nel suo libro Les Templiers sont parmi nous (I Templari sono fra noi), del 1962, de Sède racconta le vicissitudini del giardiniere Roger Lhomoy. A suo dire, de Séde avrebbe conosciuto Lhomoy per caso. Questi si sarebbe presentato in una sua fattoria in cerca di un impiego come lavoratore di fatica e più tardi avrebbe svelato allo scrittore la sua avventura.

Lhomoy è esistito veramente, non si tratta di un personaggio fittizio. Esistono sue fotografie, è addirittura apparso sugli schermi delle televisioni francesi. Ma gira la voce che la storia delle sue ossessive ricerche nella fortezza sia stata arricchita di particolari forniti a de Sède da un’altra persona: Pierre Plantard, il fondatore del Priorato di Sion. Sappiamo infatti che questi consegnò allo scrittore un ampio dossier con una documentazione che riguardava la storia segreta di Francia, e quindi non soltanto Rennes-le-Château ma anche Gisors e la città belga di Stenay, culla dei Merovingi.

Il tesoro di Gisors nella Normandia. GFDL Fonte: Eric-Gaba-–-Wikimedia-Commons-user-Sting

Il tesoro di Gisors nella Normandia. GFDL Fonte: Eric-Gaba-–-Wikimedia-Commons-user-Sting

Però non dobbiamo buttar via il bambino con l’acqua sporca. La storia di Lhomoy contiene sicuramente anche elementi che corrispondono alla realtà dei fatti. Quindi vediamo che raccontò il giardiniere allo scrittore francese. Innanzitutto gli disse che l’idea di trovare il tesoro perduto della regina Bianca di Castiglia (1188 – 1252) lo ossessionava da anni. Questa sovrana era la nipote di Riccardo Cuor di leone e madre del famoso San Luigi (re Luigi IX). Lo zio Giovanni Senza terra le donò nel 1200 i castelli di Gisors e Neaufles in occasione del matrimonio della regina con Luigi VIII. Dopo la morte di questi e l’incoronazione del figlio Luigi IX, la sovrana si ritirò per qualche tempo nella regione, abitando i suoi due castelli. Di certo Lhomoy pensava che Bianca avesse portato parte del suo tesoro a Gisors.

Ma c’era un’altra regina con lo stesso nome che aveva soggiornato nella fortezza: Bianca di Navarra, detta anche Bianca d’Evreux (1333 – 1398). Questa sovrana, moglie del re di Francia Filippo di Valois, rimase vedova molto presto e anch’ella si ritirò, come l’altra Bianca, nella valle dell’Epte, dividendo la propria vita fra la fortezza di Gisors e il castello di Neaufles. La leggenda associò il soggiorno di questa regina all’esistenza di un tesoro. Si diceva fosse stato nascosto in un misterioso sotterraneo che collegava i due torrioni delle fortezze. Non è da escludersi che nell’ossessione di Lhomoy vagasse anche il fantasma di questa seconda Bianca. Tanto più che nella tradizione popolare le due regine si sono fuse in un unico personaggio: quello della Dama bianca, una sorta di spettro benefico con la passione per l’alchimia.

Gli scavi segreti del giardiniere Roger Lhomoy

In ogni caso Lhomoy riuscì a farsi assumere dal comune di Gisors come custode, guida e giardiniere del castello medievale. Intendeva così cercare il suo tesoro nottetempo, senza che nessuno lo vedesse. Ma non cercava il sotterraneo situato fra i due castelli, bensì un altro tunnel che avrebbe collegato la fortezza di Gisors all’antica chiesa cittadina di Saint-Gervais-Saint-Protais. Il motivo era chiaro: in seguito ad un bombardamento del 1940, parte di queste stanze sotterranee erano venute alla luce e ciò non era sfuggito all’attenzione di Lhomoy, nativo di Gisors. Per anni il giardiniere preparò il suo piano, studiando accuratamente il luogo per poter identificare il punto esatto in cui dovevano trovarsi le stanze ipogee.

Poi il momento propizio arrivò. Nel 1944, in seguito agli avvenimenti della Seconda guerra, la fortezza era chiusa al pubblico. Lhomoy poteva lavorare indisturbato durante la notte. Gli scavi clandestini durarono dal 1944 al 1946. Il tunnel, che avrebbe dovuto condurlo al deposito prezioso, fu scavato presso un pozzo situato nella cinta del torrione e, ad opera compiuta, misurava circa venti di metri di profondità. Un lavoro immane. Alla fine del tunnel Lhomoy raggiunse una cripta. Così descrisse a de Sède la sua scoperta:

“Mi trovo in una cappella romanica in pietra di Louveciennes della lunghezza di trenta metri, la larghezza di nove e l’altezza di circa quattro metri e cinquanta dalla chiave di volta. Alla mia sinistra, presso l’apertura attraverso la quale sono passato, vi è un altare di pietra con tabernacolo. Alla mia destra il resto della costruzione. Sulle pareti, a mezza altezza, sostenute da capitelli di pietra, le statue di Cristo e dei dodici apostoli in grandezza naturale. Lungo le pareti, a terra, vi sono dei sarcofaghi di pietra di due metri di lunghezza e sessanta centimetri di larghezza: sono in tutto diciannove. E nella navata, la mia lampada mi mostra qualcosa che ha dell’incredibile: trenta casse di metallo prezioso, divise in file di dieci. Più che di casse si tratta di armadi stesi al suolo, ciascuno dei quali misura due metri e cinquanta di lunghezza, un metro e ottanta di altezza ed un metro e sessanta di larghezza.”

Torrione della fortezza di Gisors. Foto: CJ-DUB

Torrione della fortezza di Gisors. © CJ-DUB

A questo punto Lhomoy non poteva più proseguire da solo, aveva bisogno di aiuto di terzi. Si rivolse al sindaco di Gisors. Le autorità fecero un sopralluogo ma nessuno osò introdursi nel tunnel scavato da Lhomoy. Era troppo profondo e rudimentale, molto pericoloso. Il fratello gli venne in aiuto e si fece calare nel budello. Dopo tredici metri ritornò in superficie. Niente da fare, troppo pericoloso. Ci provò allora un ufficiale del genio militare, ma anche lui dovette risalire, anche se ormai era già arrivato a quasi quattro metri di distanza dalla cripta. Si abbandonò l’impresa. Roger Lhomoy rimase testimone unico della propria scoperta. Mail peggio doveva ancora venire.

Le autorità gli rinfacciarono di aver portato avanti gli scavi in segreto e d’iniziativa propria, quindi illegalmente. Gli dissero che aveva danneggiato un monumento nazionale e lo licenziarono dall’incarico di custode del castello. Come se non bastasse, la moglie prese con sé i figli e lo abbandonò. In preda allo sconforto, Lhomoy dovette cercarsi diversi lavoretti d’occasione per sopravvivere. Nel 1952 si aprì uno spiraglio di luce: interessati alla storia del giardiniere, un albergatore e un ricco industriale costituirono una società a scopo di ricerca. Seguendo le indicazioni di Lhomoy, i due prepararono uno schizzo della cappella sotterranea e si rivolsero nuovamente alla sovrintendenza, mettendo a disposizione parte del proprio capitale per un’autorizzazione agli scavi. Ma le autorità comunali posero ai tre cercatori delle condizioni alquanto sconvenienti e l’impresa fu definitivamente abbandonata.

Ordine del Tempio e Priorato di Sion

Gérard de Sède pubblicò nel 1960 un articolo co n la storia di Lhomoy in un noto settimanale francese e fu contattato da Pierre Plantard. Nel corso di un incontro dei due, Plantard mostrò a de Séde una pianta antica della cappella sotterranea di Gisors che a suo dire avrebbe custodito nel XV secolo “i segreti più importanti dell’Ordine del Tempio”. Dunque ancora una volta i Templari, e non le regine bianche. Ma i Templari erano mai stati proprietari della fortezza?

Di primo acchito la teoria di Plantard sembrerebbe vacillare dal punto di vista storico. In realtà la fortezza, costruita da Robert de Bellême e più tardi ampliata da re Enrico I d’Inghilterra, non era mai appartenuta all’Ordine del Tempio. Soltanto per tre anni – dal 1158 al 1161 – vi abitarono tre Templari: Othon de Saint Omer, Richard de Hastings e Robert de Pirou. Era una misura diplomatica in favore del re plantageneto Enrico II, secondo marito di Eleonora d’Aquitania. Questi Templari sarebbero più tardi partiti per la Terrasanta.
Però esiste un collegamento indiretto con l’Ordine del Tempio. Nel 1090, prima che Robert de Bellême edificasse il castello, il conte Thibaud de Payens aveva costruito a Gisors alcune fortificazioni. Questi era figlio di Hugues de Chaumont e Adelaide de Payens, ed era signore di Neaufles e Gisors. La somiglianza con il nome del primo Maestro del Tempio, Hugues de Payens, è evidente. De Sède afferma che Adelaide era la sorella di Hugues de Payens e quindi Thibaud sarebbe stato il nipote del fondatore dell’Ordine del Tempio.

Veduta di Gisors dalla fortezza. Foto: Tristan-Nitot CC-BY-SA-3.0

Veduta di Gisors dalla fortezza. © Tristan-Nitot CC-BY-SA-3.0

Inoltre de Sède rivela ai lettori che la cripta scoperta dal giardiniere era la cappella di Santa Caterina, facendo riferimento ad un manoscritto dell’anno 1375 custodito negli Archivi Nazionali della città normanna. Si tratta di un rapporto del governatore del castello di Gisors che concerne l’evasione di un prigioniero e in cui si parla dell’esistenza di stanze sotterranee e di una cappella di Santa Caterina.

Nell’ultima parte del libro, de Sède riporta un’intervista fatta all’ermetista Pierre Plantard. Ed è qui che il fondatore del Priorato di Sion afferma qualcosa di obsoleto, un altro motivo che sarà sfruttato dall’autore Dan Brown nel suo Codice da Vinci. L’Ordine di Sion medievale e l’Ordine del Tempio sarebbero stati originariamente due rami di un’unica, medesima organizzazione. I primi Gran Maestri del Tempio, sostiene Plantard, furono anche i primi Gran Maestri di Sion. La scissione tra i due gruppi sarebbe passata alla storia grazie all’episodio famoso del taglio dell’olmo di Gisors, che risale al 1188 ed era una misura necessaria di ristrutturazione della società segreta adottata dalle eminenze grigie dell’Ordine di Sion. Perché?

La disfatta dei Franchi ad Hattin, in Terrasanta (1187) fu causata anche dagli errori del Gran Maestro templare Gérard de Ridefort. Questi aveva macchiato l’onore del Tempio e contribuito alla perdita di Gerusalemme. Ridefort fu quindi destituito dalla carica di Gran Maestro di Sion. E se il dignitario rimase alla testa dell’Ordine del Tempio fino alla morte, il suo posto nell’Ordine di Sion fu invece occupato da Jean de Gisors, eletto il 15 agosto 1188. Dalla destituzione di Ridefort sarebbe conseguita la scissione dei due ordini, suggellata dal rituale abbattimento di un gigantesco olmo secolare che si trovava nel Camp Sacré, un’ampia radura situata alle porte di Gisors.

Una teoria affascinante, anche se le prove documentali mancano. Lo stesso vale per il tesoro di Gisors, che non è mai stato trovato e forse aspetta ancora lì, nelle stanze ipogee della cappella di Santa Caterina.

Per approfondire il tema, vedi il mio saggio “Il Serpente Rosso”.

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