Un regno predinastico del Basso Egitto?
La cultura di Merimde. Che sia esistito prima dei faraoni un regno del Basso Egitto, si ipotizza da molto tempo. Già l’egittologo Walter Emery ne parlò. Lo studioso inglese immaginò delle sovrane regnare sul Delta del Nilo nel segno di Neith, alle soglie dell’epoca dinastica. Anche Toby Wilkinson prese in considerazione l’ipotesi. Ora le scoperte archeologiche confermano, passo dopo passo, l’importanza del nord nel divenire dell’antico Egitto. Ultima rivelazione: il centro di Merimde, che si sviluppò a partire dal VI millennio a. C. e scomparve all’alba del IV, vale a dire proprio quando nei territori del sud si formavano le città dei Compagni di Horus, era più grande di quanto si pensasse.
Tre insediamenti, tre epoche
Il sito preistorico di Merimde è situato nel Delta, presso il villaggio di Benisalama, a circa 45 chilometri dall’odierna Cairo. Dal 1977 al 1982 questo luogo fu preso in esame dal team dell’egittologo Josef Eiwanger. Tre insediamenti successivi sono stati portati alla luce in cinque differenti strati di scavo. Tre culture che si differenziano mediante diversi tipi di ceramiche, utensili, sepolture. I reperti dell’insediamento più antico, quello che risale all’inizio del Neolitico egizio, rivelano chiare origini dell’Asia sud-occidentale. L’elemento ornamentale delle ceramiche è a spina di pesce, il fondo del vasellame tondeggiante. Anche la forma triangolare delle punte di freccia e l’uso di pendenti fatti con conchiglie tipiche del Mar Rosso sono indicativi in questo senso. Una misteriosa testa di terracotta dai lineamenti molto schematizzati e delle statuette taurine caratterizzano il repertorio artistico di questo primo orizzonte.
Sembra che un lungo periodo di stasi abbia poi inframmezzato l’insediamento più antico e quello seguente. Per ben 800 anni il sito di Merimde sarebbe stato abbandonato e poi nuovamente abitato. L’affinità di reperti più evidente fra un’epoca e l’altra: le statuette taurine. Per il resto si osserva una grande differenza tra le rispettive ceramiche, quelle trovate nel secondo strato sono più stabili e grandi, più tondeggianti, meno decorate. Per quanto riguarda gli utensili, si nota una perfezionamento nella lavorazione della pietra, le punte di freccia in particolare sono di forma differente e qualità migliore. Tra i numerosi reperti spiccano strumenti di osso, oggetti ornamentali di conchiglia e avorio.
Ma questi primi insediamenti, per lo più situati lungo le rive dei fiumi, erano ancora di modeste dimensioni. Quelli portati alla luce negli strati più “recenti”, invece, appaiono ampi e popolosi. Come sempre le ceramiche, indicatori di cambiamenti culturali e/o sociali, testimoniano un nuovo gusto estetico. Il vasellame di colore nero si aggiunge a quello più arcaico rosso o grigio. Appaiono nuovi elementi decorativi, tra cui i celebri vasi doppi, la qualità della lavorazione della pietra ha raggiunto ormai un livello molto alto. Punte di freccia e coltelli di diverso tipo, asce e altri utensili presentano una grande varietà di forme. Molti sono gli artefatti di osso che caratterizzano quest’ultimo orizzonte insieme alle palette, alle macine e alle teste di mazza.
Gruppi di cacciatori prima, comunità egalitarie dopo
E come vivevano gli abitanti di Merimde? Erano in primo luogo allevatori di bestiame, ma anche cacciatori e pescatori. Tra i resti animali di Merimde spiccano i manzi, venivano allevati anche maiali e pecore. I fiumi del Delta permettevano a questi egizi del Neolitico di pescare non soltanto pesci e molluschi, ma anche ippopotami, coccodrilli, tartarughe.
Interessante è il fatto che, passando dall’orizzonte più antico del primo insediamento a quelli successivi, si noti soprattutto un cambiamento di tipo etnologico. Mentre il centro più arcaico presentava diverse affinità con l’ambiente asiatico, quelli successivi rivelano un forte carattere africano che si esprime in particolare mediante la fattura di asce, arpioni, ami da pesca. Tale situazione deriverebbe, secondo gli archeologi, da un periodo di estrema siccità che interessò la Palestina tra la metà del VI e la metà del V millennio a. C., periodo in cui non si registra la presenza di insediamenti nei territori a sud del Libano. Gli orizzonti più recenti, invece, si sarebbero sviluppati sotto l’influsso della cultura neolitica dell’Alto Egitto e delle culture più “tarde” del Delta, come quella di Maadi o Buto.
Gli abitanti di Merimde vivevano in costruzioni rotonde fatte di pelli d’animali, arcaiche tende di pastori che divennero in un secondo tempo capanne di fango e giunco. Erano villaggi provvisori. Le loro sepolture assomigliano a quelle della cultura di Badari. Situate in settori abbandonati dell’insediamento, sono semplici fosse ovali scavate nella terra, talvolta rivestite di assi di legno. Il defunto era deposto sul fianco destro, in posizione fetale, avvolto in una stuoia o in un telo di lino, lo sguardo rivolto a ovest oppure a sud-est.
Il corredo funerario, abbastanza modesto, era costituito da vasellame, coltelli di pietra, figurine dal valore apotropaico. Le tombe di Merimde non evidenziano nessuna differenza di classe che faccia pensare a una struttura sociale di tipo gerarchico. Dunque una società apparentemente egalitaria. A parte i coltelli e le punte di freccia, che di certo avevano funzione pratica e cioè servivano alla caccia, non sono state trovate armi belliche. La semplicità delle necropoli è un elemento comune di tutto il Basso Egitto durante il Neolitico.
A quanto pare, queste antichissime comunità agricole e allevatrici di bestiame, probabilmente seminomadi – ciò spiegherebbe la scarsa importanza rivolta alle abitazioni fisse e la scelta di semplici tende o capanne provvisorie a tale scopo – erano fondamentalmente pacifiche. Diversi elementi accomunano le culture di Merimde e Badari. Le figurine dal sembiante umano ritrovate nelle tombe sono quasi tutte femminili; la forma di sepolture e capanne è quella ovale /rotonda.
A tali dati si sono aggiunte ora le recenti informazioni pervenute dall’egittologa Joanne Rowland, che ha intrapreso una campagna di scavo nell’estate 2014 nel sito di Merimde. Secondo Rowland, l’insediamento arcaico del Delta era molto più vasto di quanto si pensasse. Ora il team di Rowland vuole scoprire se i primi abitatori di Merimde, quei cacciatori raccoglitori che precedettero il Neolitico, continuarono a essere presenti anche dopo che i primi gruppi iniziarono la vita sedentaria. Sarà la genetica ad avere l’ultima parola.
I ricercatori sono interessati inoltre ai motivi che portarono queste genti a stabilirsi nel sito in modo permanente, si chiedono se importanti fattori climatici o ambientali abbiano influito sul processo di sedentarizzazione. Gli egittologi intendono monitorare non soltanto le popolazioni del Neolitico, ma anche quelle dell’Epipaleolitico (9000 a. C.), vale a dire della fase di passaggio fra nomadismo e sedentarismo, quando i cacciatori divennero agricoltori.
Lo studio di questi centri predinastici del Delta potrebbe apportare importanti rivelazioni anche riguardo la formazione delle prime dinastie di regnanti, la cosiddetta “emergenza dello Stato” che coincide con l’apparizione dei misteriosi Compagni di Horus nelle Due Terre. Tanto più che proprio la città di Buto, antica Dep/Pe del Basso Egitto ed erede della più antica Merimde, era considerata già nell’Antico Regno una città santa, sede di una delle “Due Signore”, la dea serpente Wadjet. Era il pendant settentrionale della Nekhen dei Compagni di Horus. Una città che presenta negli orizzonti più antichi di scavo tipiche caratteristiche delle culture di Merimde e Fayyum, mentre gli strati superiori assumono i connotati tipici delle culture dell’Alto Egitto. Un divenire affascinante e al contempo intrigante. Richiama alla mente la teoria dell’egittologo Walter Emery. L’eco di un regno arcaico del nord, forse dominato da regine e non da re, che un giorno fu conquistato da bellicosi signori del sud, i Compagni di Horus.
Per approfondire il tema dell’Egitto predinastico e protodinastico, rimando al mio saggio “Prima di Cheope” edito da Nexus Edizioni, 2013.
Ottima Sabina.
Riguardo al Delta, ai margini della cultura natufiana, non mi soprenderei se venissero alla luce tracce antichissime di insediamenti.