Antica città di pietra degli Zulu
Grande Zimbabwe, 1871. Allorché l’esploratore Karl Mauch si trovò dinanzi alle rovine, ebbe di certo un tuffo al cuore. Possenti mura alte dieci metri, costruzioni labirintiche, tonnellate di pietra. Chiare tracce di un regno antico. I resti dell’antica città, costruiti con blocchi di granito privi di malta, sono situati ad un’altitudine di 1140 metri, si trovano circa 240 chilometri a sud di Harare, capitale dello Zimbabwe, e 40 chilometri a est di Masvingo.
Un complesso architettonico importante, detto Great Enclosure, è situato sulla collina più alta (probabilmente quello sacro e propriamente regale), gli altri edifici nella valle o su alture adiacenti.
Ovviamente l’altopiano era una posizione strategica, che permetteva agli abitanti di Grande Zimbabwe di vivere senza l’incubo della malattia del sonno, piaga africana frequente e mortale, diffusa nelle regioni equatoriali del continente e soprattutto nelle zone di pianura.
Le rovine di Grande Zimbabwe si estendono su ben 722 ettari di terreno e sappiamo che questo centro fu la capitale di un regno. La sua importanza e anche la sorpresa che deve aver risvegliato nell’animo di Mauch, è dovuta soprattutto al fatto che si tratta di uno dei pochi grandi complessi di pietra che siano stati mai scoperti a sud del deserto del Sahara. Ma non solo questo: anche l’imponenza dei bastioni in cui si trovavano le abitazioni della famiglia reale, la torre conica dalla funzione tutt’oggi sconosciuta, i templi e le mura impressionano per la loro originalità architettonica. Sono unici al mondo.
Furono dei viaggiatori portoghesi del XVI secolo, i primi a trovarsi al cospetto di Grande Zimbabwe. L’esploratore Antonio Fernandez la descrisse come la fortezza di re Monomotapa, “fatta interamente di pietra e senza calcina “. E furono sempre dei viaggiatori portoghesi che al loro ritorno in Europa diffusero la voce di aver trovato nel cuore dell’Africa, a Grande Zimbabwe, il favoloso paese biblico di Ophir, quello da cui proveniva la mitica regina di Saba.
Il palazzo di re Salomone?
Il missionario Joao dos Santos scrisse nella sua opera “Ethiopia Oriental”, pubblicata nel XVII secolo:
“Sulla cima di questa montagna vi sono ancora frammenti di antiche mura e rovine di pietra (…) gli indigeni assicurano di aver saputo dai loro antenati che un tempo questi edifici appartenevano al palazzo della regina di Saba. Dicono che in questa zona sono state ritrovate grandi quantità di oro, trasportato per nave lungo il fiume Cuamas fino all’Oceano Indiano (…) Altri raccontano che le rovine appartengono a una residenza di re Salomone. (…) Non posso fare delle affermazioni certe, e tuttavia penso che il monte Fura o Afura potrebbe essere la terra di Ophir, da cui venne trasportato l’oro a Gerusalemme. In tal senso si potrebbe davvero pensare che questi edifici fossero un palazzo di re Salomone.”
Il problema è che, come osserva l’antropologo Herbert Ganslmayr, “non si voleva credere che la città fosse stata costruita da africani” . Non era possibile immaginare che le tribù zulu potessero edificare la capitale di un regno antico in un’epoca in cui il razzismo era ancora molto forte e gli europei andavano fieri di appartenere alla “superiore” razza bianca. Di conseguenza anche Grande Zimbabwe doveva essere interpretata come un’opera della razza bianca, magari anche di genti mediorientali.
Oggi, dopo che sono stati effettuati diversi rilevamenti archeologici con il metodo del radiocarbonio e della dendrocronologia, si suppone che alcune parti più antiche del complesso siano state costruite intorno al V secolo a.C., mentre le strutture più “recenti” della Great Enclosure (il complesso principale) risalirebbero a un periodo che va dall’XI al XIV secolo d.C. E viene così a cadere la favolosa ipotesi della regina di Saba e anche quella del suo amante, re Salomone. Ma non per questo Grande Zimbabwe perde quell’aura di mistero che la circonda. Perché, aggirandosi fra le rovine, ci si chiede come funzionasse un’organizzazione sociale in grado di costruire nel cuore dell’Africa edifici così grandiosi, e perché i capi di quelle tribù decisero di farlo.
Clicca qui per vedere un video breve ma informativo dell’Unesco su Grande Zimbabwe. In inglese, durata 2,45 minuti.
Clicca qui per vedere un documentario della BBC più approfondito. In inglese, durata 51,09 minuti.
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