Un misterioso fabbro tedesco produce „l’acciaio Krupp“ del IX secolo
La spada Ulfberht è venuta alla luce in numerose tombe vichinghe. È pressoché indistruttibile e perennemente affilata, non ha nulla da invidiare alla celebre katana giapponese e risale a un periodo che va dal IX all’ XI secolo d. C.. Sulla lama dei 167 esemplari ritrovati, appare sempre lo stesso nome: +VLFBERH+T. Un nome di origini germaniche accompagnato da croci. Chi era il misterioso Ulfberht? Il geniale fabbro che scoprì la ricetta per confezionare la spada delle spade?
Di certo non si tratta soltanto del nome di una persona, giacché fu in uso per secoli. Quello che originariamente doveva essere stato il nome del fabbro e inventore, divenne una sorta di marchio di fabbrica. Indicava l’officina – e quindi una particolare tecnica – in cui le spade erano state confezionate. Ma da dove venivano queste armi? Qual era il loro segreto? Perché le lame si differenziavano da quelle di tutte le altre spade medievali? Fatte di ferro temperato, le spade Ulfberht erano più stabili, leggere, efficienti e…molto temute. Erano un’arma segreta che, originariamente, non doveva essere venduta al di fuori del territorio tedesco della Franconia.
Proprio così, le origini delle spade Ulfberht affondano in Germania. E non nella Scandinavia, come si è scritto di recente erroneamente, in seguito alla diffusione di un documentario della BBC i cui autori volevano a tutti i costi attribuire questo prodotto della tecnica militare ai Vichinghi. Nulla di più sbagliato. Probabilmente i Vichinghi vennero in possesso delle spade durante le loro scorrerie da un territorio all’altro, giacché sono stati trovati diversi esemplari di Ulfberht nelle tombe dei guerrieri del nord. Ma non possedevano la tecnologia necessaria a produrre lame del genere. I Vichinghi, però, negli ultimi tempi tornano a essere di moda e chi ha ideato il documentario inglese ha pensato bene di sfruttare il trend del momento.
Invece la paternità tedesca delle spade Ulfberht è stata definitivamente confermata in seguito alla scoperta di un esemplare nella Bassa Sassonia (Niedersachsen, Germania). L’arma ha contribuito a far luce sulla misteriosa genesi di queste armi incredibilmente evolute. Per caso. Una scavatrice ha pescato dal fiume Weser, presso la città di Hessisch Oldendorf, una spada Ulfberht che misura circa un metro di lunghezza.
L’arma presenta la tipica iscrizione e risale al X secolo d. C.. Sottoposta alle analisi dell’Istituto di Chimica Anorganica dell’Università Leibniz di Hannover e secondo il parere del chimico Robert Lehmann, il piombo impiegato per eseguire le decorazioni sull’elsa della spada proviene dalle montagne del massiccio Schiefergebirge. Più precisamente: da un’area della Franconia situata fra il fiume Reno, Lahn e Wetterau. È quindi probabile che l’officina delle spade Ulfberht si trovasse nel rinomato monastero della città di Fulda. Il massiccio montuoso Schiefergebirge si trovava nelle vicinanze del convento, da qui i monaci ricavavano il piombo.
Ma già prima che fossero svolte queste analisi di laboratorio, gli studiosi avevano supposto la zona d’origine delle spade Ulfberht nella Franconia. Seguendo la ricerca filologica. Infatti le lettere dell’alfabeto latino incise sulla lama alla maniera carolingia, così come le croci che le accompagnano, avevano subito suggerito che si trattasse dell’officina di un convento. Del resto Ulfberht è un nome franco e non scandinavo. Appare nel cartolario del monastero di Sankt Gallen in diverse variazioni, come Uolfberht, Wolfbert o Uolfbertus.
L’arma ritrovata nella Bassa Sassonia è il primo esemplare Ulfberht esaminato per mezzo della tomografia computerizzata. Si è scoperto che una scanalatura – il cosiddetto “scorrisangue” – effettuata lungo entrambi i fili della lama serviva ad alleggerire l’arma. In questi punti la lama presentava uno spessore di soli tre millimetri. Inoltre è stato appurato che la spada veniva prodotta interamente dai fabbri dell’officina del convento: manica e pomolo non erano stati fabbricati separatamente da altri artigiani. Sbalorditiva è in ogni caso l’alta tecnologia Ulfberht: la qualità della lama di robusto ferro temperato con un’alta percentuale di carbonio equivale a quella del moderno acciaio. La lama rimaneva sempre affilata. Ad esemplare ultimato, veniva poi applicata sulla lama l’iscrizione +VLFBERH+T, un intarsio in ferro.
Secondo Alfred Geibig, curatore della raccolta di armi e armature medievali di Coburg (una delle maggiori d’Europa), i fabbri occidentali del Medioevo vantavano una lunga, importante tradizione nella produzione di armi, dai Celti ai Romani. Al contrario dei loro colleghi d’Oriente che lavoravano con acciaio di Damasco, vale a dire con una tecnica che prevedeva la fusione di diversi tipi di ferro di tempra differente, i fabbri europei usavano per le spade Ulfberht il mono acciaio. Altrettanto importante quanto il materiale, era la tecnica di lavorazione e raffreddamento del metallo che, ovviamente, sottostava al segreto.
Una curiosità a margine: In una ricetta del 1706, per il raffreddamento del metallo si suggerisce di usare un miscuglio di urina di fanciullo, sedano e succo di ravanello. Dopo essere stata trattata con questo liquido, la lama sarebbe divenuta robusta ma al contempo tanto flessibile da non rompersi nell’urto contro un’armatura.
Le spade Ulfberht: armi di prestigio
A causa della tecnica evoluta che garantiva la massima efficienza, la spada Ulfberht era, quindi, un’arma molto ambita e costosa. Non tutti potevano concedersela. Anche perché, a causa della complessa lavorazione, la Ulfberht veniva prodotta in numero limitato. Ma i fabbri tedeschi non volevano di certo rinunciare a fare i loro affari e non di rado poteva capitare al fiero guerriero vichingo di acquistare un falso, che di Ulfberht aveva soltanto…l’intarsio. A prima vista il malcapitato non se ne accorgeva ma, una volta in uso in campo di battaglia, la lama falsa si spezzava rivelando il suo debole cuore di ferro, mentre le Ulfberht avevano un’anima indistruttibile d’acciaio.
Infine, tornando ancora una volta all’ipotesi scandinava messa in campo dagli inglesi, Alfred Geibig fa un’ulteriore osservazione. Il numero elevato di spade Ulfberht trovate nelle tombe di guerrieri vichinghi non significa affatto che la Scandinavia sia stata il luogo di fabbricazione. Significa soltanto che in quei Paesi il costume di seppellire i guerrieri con le loro armi durò molto più a lungo che nei territori cristianizzati dell’Europa centrale.
Del resto ciò non dovrebbe sorprendere, se pensiamo che l’arte del fabbro in Germania ha una lunga tradizione. Le antiche leggende narrano di Wieland (Wieland der Schmied/Weland il fabbro), un personaggio a metà fra essere umano e creatura divina, che sarebbe giunto in Germania dall’Alto Adige. A lui dedicò un epos il poeta Karl Simrock, nel 1835. Ma il racconto originario, tramandato in due differenti versioni, proviene dei miti nordici dell’epos Thidrekssaga e della raccolta mitologica dell’Edda (XIII secolo).
Entrambe i poemi narrano che il crudele re Nidung azzoppò il fabbro Wieland e quest’ultimo, per vendicarsi, uccise i figli del sovrano. Dopodiché Wieland rimosse i crani dei morti dai corpi, ne staccò le calotte e le trasformò in coppe dorate, da cui bere durante i banchetti. Poi si unì carnalmente alla figlia di re Nidung, con la quale mise al mondo un bambino. Alla fine fuggì. Ma ancor più che per le sue avventure, Wieland è famoso per la sua spada Mimung, arma letale e invincibile. Le spade degli eroi nordici avevano sempre un nome, così come i loro destrieri.
La Thidrekssaga spiega dettagliatamente la tecnica con cui Wieland fabbricò la sua spada. Produsse un prototipo più grande di ferro molle. Questo fu rifinito e i trucioli furono mischiati al cibo per i volatili e con ciò si cibarono le oche. Il loro sterco fu poi raccolto e da questo si separò il metallo che venne nuovamente usato per fabbricare una spada. Si ebbe così una spada più piccola della precedente. Il procedimento può essere ripetuto più volte. Il segreto di questa tecnica è la reazione chimica che avviene nello stomaco dei volatili, la quale commuta il ferro in acciaio.
E la cosa più incredibile è che l’autore e ricercatore Heinz Ritter Schaumburg (1902 – 1994), specialista delle saghe nordiche, prese Wieland in parola. Nel 1936 Schaumburg realizzò il procedimento narrato dalla Thidreckssaga e ottenne davvero una spada d’acciaio per la quale si affrettò a chiedere il brevetto.
Mi incuriosisce il nome della spada, „mimung“!
Sembra un nome orientale!
Sará la mia „fissa“ x la via della seta e la cina che ha fatto da madre alla conoscenza di tutte le altre culture!?!
National Geographic Special, non BBC…))
La BBC difficilmente prende cantonate.
Grazie mille per l’interessantissimo articolo
Ciao
Errato, nella filastrocca-legenda è indicato come sopperire alla cementazione. Gli uccelli mangiano in modo simbilico. Il guano serve al processo in assenza di ossigeno. Non so come sia uscita sta cosa che sia possibile facendo mangiare davvero trucioli.
Gentile Fabio, non so proprio cosa possa esserci di „errato“. Ho parlato di una leggenda e nella leggenda (non so se tu l’abbia mai letta, forse dovresti darci un’occhiata) si racconta proprio questo, che il fabbro Wieland diede i trucioli metallici in pasto alle oche e utilizzò poi lo sterco derivato da tale procedimento per la fabbricazione della sua spada. Da tempo diversi studiosi e ricercatori si sono cimentati con il passo in questione cercando di capire quanto di simbolico e quanto di pratico ci fosse nella narrazione.Risultato: il processo alla base della spada Mimung sarebbe la nitrazione.