I vocaboli “Natale” e “Natività” hanno la medesima radice. Si riferiscono entrambi alla nascita più illustre della storia, quella di Gesù Cristo. Una nascita così importante, da cambiare il concetto religioso e teologico di antiche civiltà. La sua eco è tutt’oggi il fondamento etico di numerose culture nel mondo occidentale e orientale. Una natività importante eppure scarsamente documentata, così come anche la vita di Gesù, di cui meno si sa che della vita di Giulio Cesare o di Socrate.
Il personaggio Gesù Cristo rimane sospeso tra storia e leggenda. Anche il suo messaggio originario, adattato dall’apostolo Paolo di Tarso e in seguito manipolato dalla Chiesa Cattolica, è destinato a restare un mistero. Come un palinsesto, il cui testo originario sia stato cancellato e poi sostituito. Solo che in questo caso anche un tentativo di lettura alla luce di raggi ultravioletti non fornisce altro che un gigantesco punto interrogativo.
Tuttavia la Natività affascina parecchio e la festeggiano tutti, religiosi e laici, cristiani ed atei, perché oggi il Natale è diventato una corsa ai regali, alle cene, ai pranzi con amici, parenti attuali e parenti futuri. In fin dei conti, la vecchia immagine romantica del neonato Gesù adagiato nella mangiatoia tra il bue e l’asino e accudito da Maria e Giuseppe, può ancora far presa soltanto sui bambini piccoli. Ma anche per loro sta divenendo sempre più irreale, lontana, una pellicola strana, un film bizzarro frutto della fantasia di adulti festaioli. Come si può comprendere una scena del genere, quando si vive nell’impero del consumo? Tra le pareti di un’abitazione comoda, ben riscaldata, fornita di qualsiasi oggetto in grado di esaudire ogni desiderio umano?
A me questa nascita ricorda un’altra cosa. Un gioiello dell’arte. La rappresentazione della nascita di Gesù forse più bella in assoluto: la Natività del Caravaggio. E mi pare un’ironia della sorte che proprio lui, il pittore maledetto dall’animo inquieto, sia stato capace di scatenare sulla tela una scena tanto potente e densa di sacralità a colpi di pennello. Perché la tela del Caravaggio per me è sacra nel senso originario del termine latino sacer: divina, lontana dalla realtà quotidiana, elevata, sublime. Non si tratta soltanto della maestria del grande pittore nel suo gioco abituale e ben noto di ombre e luce. È la potenza del movimento di quell’angelo che si precipita giù dal cielo in un’esplosione di gloria, quasi sino a sfiorare la testa della Vergine Maria. Un essere sovrannaturale che, come spesso nelle pitture di Caravaggio, ha le fattezze di un ragazzo di strada. L’angelo più bello.
E poi mi sovviene che proprio questa splendida tela è scomparsa. La “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi”, ascritta al periodo romano dell’artista e commissionata nell’anno 1600 dal mercante Fabio Nuti, veniva custodita nell’Oratorio di San Lorenzo, a Palermo. Un’opera dalle dimensioni non indifferenti: 268 x 197 cm. Caravaggio vi dipinse il piccolo Gesù steso al suolo, su un leggero giaciglio improvvisato. Visto così, la piccola testa tonda priva di protezione e senza la corona luminosa dell’aureola, il bimbo sembra ancor più fragile, indifeso. Lo sguardo tenero della Madonna dalla spalla nuda incanta l’osservatore. E chi è quell’uomo biondo ritratto in primo piano, sulla destra, che sembra rivolgere la parola al vecchio Giuseppe?
Dall’ottobre 1969 possiamo ammirare questo capolavoro soltanto nelle immagini disponibili in Rete o in qualche libro d’arte. L’originale è stato trafugato dall’oratorio e mai più ritrovato. Chi ha commesso il furto? Secondo l’allora parroco dell’oratorio, Benedetto Rocco (deceduto nel 2013), sarebbe stata la mafia. Forse su incarico del boss Gaetano Badalamenti (deceduto nel 2004) che sembra aver custodito la tela esibendola a pochi eletti come oggetto di prestigio. A Benedetto Rocco, i mafiosi inviarono due lettere in cui rivendicavano il furto, una delle quali racchiudeva un frammento di tela. E che fine ha fatto il magnifico dipinto dopo la morte del boss Badalamenti? Chi ha acquistato un capolavoro di tale fama?
Le ultime informazioni, fornite dal pentito Gaetano Grado, convergono su un commerciante d’arte svizzero, di Lugano, che avrebbe tagliato la preziosa tela in otto parti per riuscire a venderla con minor difficoltà. Purtroppo anche quest’uomo è morto e non può fornire alcuna informazione. Altre testimonianze più o meno affidabili riferiscono che all’atto del furto la tela era stata rimossa dalla cornice, arrotolata e avvolta in un tappeto affinché non si bagnasse in quella notte di pioggia. Tale espediente avrebbe causato un indurimento e quindi uno sgretolamento della vernice del dipinto danneggiando il capolavoro in modo massiccio. Informazioni che fanno accapponare la pelle.
Riusciremo mai a ritrovare la tela del Maestro? E sarà possibile restaurarla in un modo soddisfacente? Si potrà ammirare di nuovo l’autentica Natività di Caravaggio in tutto il suo splendore? Oggi nel bell’oratorio di San Lorenzo, trionfo di stucchi cinquecenteschi, troneggia sull’altare soltanto una ricostruzione dell’originale. Dell’angelo di Michelangelo Merisi da Caravaggio, il pittore del popolo, il pittore dei piedi nudi e sporchi, dei ragazzi di strada. Quello che osò dipingere la Vergine morta come una giovane prostituta annegata vestita di rosso.
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