Uno straniero, 130 bambini scomparsi e una montagna maledetta
Nella cittadina tedesca di Hameln, regione Niedersachsen (Bassa Sassonia), in una via del centro storico chiamata Bungelosenstrasse, si può vedere ancora oggi un’iscrizione piuttosto bizzarra, apposta al muro di una casa e redatta in un tedesco del Seicento (riporto la mia traduzione modernizzata ma fedele all’originale):“Anno 1284, nel giorno di San Giovanni e Paolo, il 26 giugno, un pifferaio con abiti variopinti ha adescato130 bambini nati in questa città che sono scomparsi (orig.: perduti) al calvario del Koppen.”
Secondo lo storico Bernd Ulrich Hucker non ci sono dubbi: l’iscrizione si riferisce a un fatto di cronaca accaduto a Hameln nel Medioevo. Una storia tetra e inquietante. Un incubo. La sparizione di 130 bambini. Nel museo cittadino è esposta la riproduzione di un’antica vetrata della chiesa che un tempo si trovava sulla piazza del mercato. La finestra originaria risaliva al 1300, vi erano raffigurati il pifferaio e i bambini di Hameln. La riproduzione è stata eseguita secondo descrizioni ricavate da documenti antichi.
Se non si fosse trattato di un infausto avvenimento storico, osservano gli studiosi del luogo, non sarebbe mai stato rappresentato sulla vetrata della chiesa. È come se, includendoli per sempre in ambiente sacro, i bimbi fossero stati in qualche modo beatificati. Come accade con le finestre delle cattedrali gotiche che commemorano le storie di santi e re santificati. Nel “De miracoli sui temporis” dell’umanista e medico Hiob Fincel (1556) viene citata la tragedia di Hameln, e Fincel identifica nel pifferaio… il diavolo. Il trauma causato dalla disgrazia fu talmente grande, che la città di Hameln introdusse un nuovo computo degli anni a partire dal giorno “dopo la sparizione dei bambini”. Una nuova era, per poter ricominciare daccapo.
Nell’Ottocento il fatto di cronaca di Hameln fu trasformato in una favola dai fratelli Grimm. Questi autori prolifici ed estremamente eruditi, Jacob e Wilhelm Grimm, erano letterati, etnologi e al contempo linguisti e sono oggi considerati i padri della Germanistica. Nel 1812 i due fratelli pubblicarono il primo volume di saghe tedesche (“Deutsche Sagen”). Un secondo volume apparve nel 1816. Si trattava di un’opera pionieristica, era il risultato di una lunga ricerca durata anni e condotta dai Grimm in prima persona, allo scopo di raccogliere più materiale possibile sulle antiche leggende tramandate oralmente nei villaggi e nelle città di lingua tedesca sin dal Medioevo. E si trattava di narrazioni per adulti.
Infatti le saghe erano talmente fedeli alla tradizione orale originaria, che la prima versione pubblicata si presentò del tutto differente dalle ingenue narrazioni che leggiamo ai nostri bimbi prima della buonanotte. Noi non ci sogneremmo mai di mettere in subbuglio i loro sogni innocenti con pesanti allusioni a stupri, delitti feroci, sesso, cannibalismo, incesto o altre violenze più o meno efferate. Eppure le prime narrazioni dei Grimm parlavano proprio di questo. I simpatici sette nani di Biancaneve erano dei poveri ragazzini costretti a lavorare nelle miniere e destinati a una morte precoce. La favola della bella principessa e il rospo che poi si trasforma in principe, originariamente terminava con una scena di sesso nel letto della fanciulla. La strega di Hansel e Gretel era una psicopatica che praticava il cannibalismo.
Il motivo di tanta crudezza è semplice: il mondo medievale non era un mondo per bambini. I piccoli venivano trattati alla stregua di adulti e dovevano sopportare le medesime avversità e ingiustizie. Fame, lavori pesanti, punizioni draconiane, violenze gratuite, prigione erano i nemici giornalieri con cui si confrontavano i poveri bambini, per lo meno quelli che non avevano la fortuna di nascere in una famiglia benestante e particolarmente protettiva.
Proprio per questo i Grimm, che prima avevano redatto i volumi delle saghe per un pubblico adulto nel pieno rispetto della storicità della tradizione, in un secondo tempo decisero di adattare le narrazioni alle esigenze di un pubblico infantile, per poterle meglio commercializzare. Edulcorarono quindi le novelle, tacendo gli elementi più crudi. L’idea si rivelò molto efficace. Le fiabe dei fratelli Grimm divennero un best seller della narrativa per bambini.
Una di queste favole era “Die Kinder zu Hameln”, I bambini di Hameln, che più tardi, tradotta in ben 30 lingue diverse, fu intitolata nella versione italiana “Il pifferaio di Hamelin” o anche “Il pifferaio magico”. Ecco una mia traduzione del breve racconto dei fratelli Grimm che riporto per intero.
La favola
Nell’anno 1284 fece la sua comparsa nella cittadina di Hameln uno strano uomo. Aveva una giacca di panni colorati e diceva di essere un disinfestatore di ratti. Promise di liberare Hameln da tutti i topi e i ratti in cambio di una somma di denaro. I cittadini accettarono e si accordarono sulla somma di denaro più appropriata. Il pifferaio estrasse dal suo sacco da viaggio un piffero e iniziò a suonare una melodia. Subito i ratti e i topi abbandonarono le case, uscirono fuori e corsero a riunirsi intorno a lui. Quando l’uomo ebbe la sensazione che tutti i topi fossero usciti dalle tane, lasciò la città e i ratti lo seguirono. Il pifferaio li condusse al fiume Weser, entrò nell’acqua, e i ratti con lui. In pochi minuti tutti i roditori erano annegati. Non appena i cittadini seppero di essersi liberati da quella piaga, si pentirono di aver promesso dei soldi al pifferaio e tirarono fuori mille scuse per non pagarlo. Amareggiato, il pifferaio abbandonò la città. Il 26 giugno, alle sette del mattino, il pifferaio ritornò. Questa volta era vestito da cacciatore. Portava uno strano cappello rosso e il suo volto incuteva timore. Di nuovo prese a suonare il piffero nelle vie. Ma questa volta non uscirono fuori dalle case i topi, bensì ragazzi e bambini. Il più piccolo aveva tre anni e il più grande era la figlia del sindaco, una ragazza già in età adulta. L’intero gruppo seguì lo straniero. Il pifferaio condusse il corteo sino a una montagna e laggiù tutti scomparvero. Una bambinaia che seguiva il gruppo di lontano con un piccolo in braccio, aveva visto ogni cosa e andò a raccontare l’accaduto in città. I genitori corsero sino alle porte di Hameln e cercarono i loro figli con il cuore infranto. Le madri cominciarono a gridare e a piangere disperatamente. Subito furono mandati dei messaggeri per mare e per terra, in ogni luogo, affinché questi si informassero se mai qualcuno avesse veduto i bambini. Ma non servì a nulla. I 130 erano scomparsi. Soltanto due di loro tornarono indietro in città, perché erano arrivati troppo tardi e non erano riusciti a raggiungere il gruppo con il pifferaio. Ma uno era cieco e l’altro muto. Il cieco poteva quindi raccontare che avevano seguito il pifferaio, ma non poteva mostrare dove erano andati; il muto invece era in grado di mostrare il luogo da dove erano partiti, ma non poteva raccontare nulla. Un terzo bambino era corso dietro al gruppo in camicia e poi era tornato a casa a prendere la giacca. Quando raggiunse nuovamente il luogo dell’incontro, gli altri bimbi erano già scomparsi. In questo modo sfuggì alla disgrazia. La strada lungo la quale il pifferaio aveva condotto i bambini fuori città, si chiamava ancora alla metà del XVIII secolo “Strada silenziosa” perché ognuno di coloro che la percorreva doveva osservare il silenzio. Su quella strada non si poteva far musica, né ridere o ballare. Anche se si festeggiava un matrimonio e la sposa veniva accompagnata in chiesa dai musicanti, questi dovevano smettere di suonare quando percorrevano quella via. La montagna presso Hameln, dove i bambini erano scomparsi, si chiamò da allora “Poppenberg”. Lassù sono stati posti due crocifissi di pietra, uno a destra e uno a sinistra. Alcuni dissero che i bambini fossero stati condotti all’interno di una grotta, l’avessero attraversata e fossero usciti poi dall’altra parte della montagna nella località di Siebenbürgen. Ma di loro non si è saputo più nulla. I cittadini di Hameln hanno riportato questo fatto nel Libro della città e, nell’anno 1572, il sindaco fece raffigurare l’avvenimento sulle finestre della chiesa. (J. e W. Grimm, raccolta “Deutsche Sagen”, racconto numero 244 dal titolo “Die Kinder zu Hameln”)
Una storia misteriosa, che parrebbe essere derivata da due avvenimenti diversi: 1. la disinfestazione della città dalla piaga dei ratti; 2. la sparizione dei bambini di Hameln. Quest’ultimo episodio, dicono gli esperti, sarebbe stato aggiunto al primo dalla tradizione orale soltanto alla fine del XVI secolo. Dobbiamo quindi analizzare i due fatti separatamente.
- La disinfestazione della città dai ratti: una situazione possibile, giacché all’epoca i ratti e i topi erano piaghe ricorrenti in molte città europee. I roditori provocavano vere e proprie epidemie, pestilenze che sterminavano gli abitanti di villaggi e città come mosche. Ma la prima, grande epidemia di peste avrà luogo in Europa circa un secolo dopo. È quindi da escludersi, in questo racconto, qualsiasi riferimento ad essa. Inoltre non è stato possibile trovare nessun documento scritto e nessuna annotazione nelle cronache di Hameln che attestino la presenza di un disinfestatore ufficialmente incaricato di scacciar via i ratti. A ciò si aggiunge l’elemento favoloso del piffero come strumento di disinfestazione, che di certo ha un valore esclusivamente simbolico. Esperimenti di laboratorio hanno provato che le frequenze emanate dal suono di un piffero non producono nessun effetto sui roditori.
- Per quanto riguarda invece la sparizione dei bambini, la cosa appare più verosimile. Infatti, anche a prescindere dall’iscrizione della Bungelosenstrasse e dalla finestra istoriata, esiste un’annotazione nelle cronache della città di Hameln che riporta l’episodio. Purtroppo senza spiegare né come né perché ciò accadde. Dice soltanto che i 130 bambini della città se ne sono andati senza far ritorno. Ma con chi sono andati via? Dove sono andati? E perché hanno lasciato le loro famiglie?
Il racconto dei Grimm fornisce alcuni elementi interessanti legati alla meta del pifferaio: la montagna Poppenberg e la grotta che conduce a Siebenbürgen. Il nome Poppenberg altro non è che Koppenberg, nel Medioevo veniva scritto in entrambi i modi. È possibile immaginare che il pifferaio abbia condotto i bambini a una montagna vicina e poi in una grotta. Ma Siebenbürgen è un territorio dell’odierna Romania, e non è possibile che una grotta all’interno di una montagna della Sassonia possa condurre sino alla Romania. A meno che non si tratti di un’immagine simbolica. Poiché le migrazioni di Sassoni in Romania ci sono sempre state, può essere che l’immagine dei bimbi finiti laggiù fungesse da metafora per dire semplicemente che erano spariti chissà dove.
Lo storico Jürgen Udolph vede la soluzione del mistero di Hameln in un esodo collettivo di cittadini a scopo di colonizzazione di nuovi territori. Secondo lui, il pifferaio magico altri non era che un cosiddetto locatore, una persona che si occupava di procurare alla gente nuovi territori di insediamento su cui costruire un’esistenza futura. I bambini di Hameln, secondo Udolph, in realtà sarebbero stati dei giovani della città che intendevano abbandonare le case paterne per cercare fortuna in altri luoghi. Quel 26 giugno se ne sarebbero andati tutti insieme con i loro carri, in carovana. Una volta insediatisi nel nuovo territorio, avrebbero rotto del tutto i contatti con la famiglia che, a sua volta, li avrebbe considerati come… scomparsi per sempre.
Per avallare la teoria, Udolph adduce la consuetudine degli immigrati di chiamare i nuovi territori con dei nomi a loro familiari, e cita come esempio la località di Hamelspringe, situata nella regione di Brandeburgo e poco distante da Hameln. Potrebbe essere stata fondata da questi immigrati, sostiene. Altri toponimi presenti in quell’area geografica indicherebbero un esodo verso territori poco lontani, situati in direzione nord-est rispetto a Hameln. Si sono stabiliti lì, i giovani, dopo aver lasciato la città?
Qualcosa non quadra. Se nella narrazione dei fratelli Grimm di un luogo si parla, non viene menzionato il Brandeburgo, bensì il territorio rumeno di Siebenbürgen. E poi se davvero i giovani di Hameln si fossero stabiliti in località tedesche del Brandeburgo, come sostiene Udolph, non sarebbero stati così lontani dalla città natale da dover rompere i contatti con le loro famiglie. Le distanze sarebbero state irrisorie, tranquillamente superabili anche in quei tempi. Non è possibile pensare che i loro parenti siano rimasti così traumatizzati, da darli per scomparsi e immortalare l’esodo nella chiesa.
La magia dell’Ith e i conti di Spiegelberg
Probabilmente il mistero dei bambini di Hameln è da ricercarsi altrove. Magari proprio nelle vicinanze della città, in quella montagna chiamata nella favola dei Grimm Poppenberg/Koppenberg. Ma di che monte si tratta? Oggi non esiste una montagna con questo nome nella regione. E allora? Ci viene in aiuto la toponomastica. Gli scritti antichi suggeriscono che potrebbe trattarsi della località di Coppenbrügge che, in un documento dell’anno 1013, viene denominata Cobbanberg ed era un territorio appartenente ai conti Spiegelberg.
La località è situata appena 15 chilometri a est di Hameln, quindi facilmente raggiungibile anche a piedi. E nel Coppenbrügge c’è l’Ith, una catena rocciosa di circa 25 chilometri di lunghezza, coperta da una fitta foresta e costellata di grotte e sorgenti. In questo parco naturale s’innalza il colle di Oberberg, sulla cui cima si trova la Teufelsküche (Cucina del diavolo), una formazione rocciosa naturale avvolta da numerose leggende.
Si tratta di un sito dalla bellezza selvaggia e tenebrosa che rivestì nei tempi passati notevole importanza perché vi venivano celebrati riti precristiani. Forse anche sacrifici. Un luogo di culto germanico. La tradizione popolare di Hameln racconta che i giovani della città si riunivano sull’Oberberg in occasione di festività pagane, e che i riti da loro celebrati erano cerimonie proibite, anzi diaboliche. E di solito a capo del gruppo di festaioli c’era anche un pifferaio che intonava delle melodie, invitando i presenti alla danza.
La danza dei giovani: un’azione peccaminosa agli occhi della gente più umile del Medioevo – sostengono alcuni studiosi – spesso associata al consumo di droghe vegetali e bevande alcoliche, alle trasgressioni sessuali. E non è da escludersi che queste celebrazioni poco ortodosse avessero scatenato l’ira dei bigotti conti di Spiegelberg, i quali abitavano in un castello situato proprio nel territorio di Coppenbrügge.
Questa la teoria del ricercatore locale Gernot Hüsam. Secondo lui, i tre conti di Spiegelberg avrebbero mandato dapprima un pifferaio per attirare i ragazzi nella trappola, e poi avrebbero ucciso e fatto sparire i giovani di Hameln (forse provocando una frana all’interno di una grotta). I cadaveri di questi infelici sarebbero stati nascosti in una caverna, il cui accesso fu chiuso e accuratamente sigillato, affinché nessuno potesse trovarli. È possibile? Un elemento appoggia la teoria di Hüsam: l’abbigliamento del pifferaio, così come viene descritto nella favola dei Grimm. Se all’inizio l’uomo indossa dei panni colorati, quando torna in città per attirare i bambini è invece vestito da cacciatore. E i nobili dell’epoca assoldavano ben volentieri dei cacciatori che dovevano adempiere anche ai compiti più ingrati. Il pifferaio era in realtà un cacciatore prezzolato che lavorava per i conti di Spiegelberg?
Hüsam riconosce in un’illustrazione esposta al Museo di Hameln un indizio a favore. L’acquarello risale al 1592, è tratto dal diario di viaggio di Augustin von Moersperg che riprodusse la finestra della chiesa trecentesca. Mostra il pifferaio nell’atto di suonare lo strumento e il lungo corteo di bambini che si dirige verso un’altura. Nel centro del monte si apre una grotta. L’iscrizione della Bungelosenstrasse specifica che i bambini sono stati condotti al “calvario del Koppen”, e calvari erano chiamate le alture su cui avvenivano delle esecuzioni capitali. Dunque si allude a un’esecuzione effettuata su di un monte del territorio di Coppenbrügge? I bambini sono stati uccisi sull’Oberberg? Era una sorta di sacrificio? La raffigurazione del fatto fu immortalata nella chiesa cittadina per esorcizzare la terribile ecatombe avvenuta in nome di un esasperato cattolicesimo? Nel 1771 scriveva il pastore protestante Jacobi:
“Sul monte Oberberg presso Coppenbrügge c`è un luogo che viene chiamato sin dai tempi antichi Teufelsküche. (…) Si trova sulla cima di Oberberg, in un sito molto boscoso e disseminato di grandi rocce.(…) Tutta l’area mi pareva adatta a rituali di sacrificio e celebrazioni pagane. Pensavo alle tradizioni vive ancora oggi che raccontano di banchetti organizzati dagli adoratori dell’Angelo maligno. Immaginavo i barbari altari germanici nelle radure descritti da Tacito.(…) Mi sembrava alquanto probabile l’opinione degli antichi, che questo luogo fosse un sito superstite della religione pagana. Gli altari blasfemi sono oggi distrutti e scomparsi. Forse l’ha fatto il medesimo re che ha distrutto anche l’Irminsul con le sue belle radure sacre e i santuari.” (U. Baum “Ithland, Sagenland”)
E forse furono davvero i conti di Spiegelberg a compiere quest’efferatezza, accecati dal fervore religioso. Oppure il pifferaio era una sorta di Gilles de Rais che lavorava in proprio e attirava gli innocenti in una trappola per poi farne commercio? La metafora della grotta che conduce alla Romania alludeva forse alla meta ultima dei poveri giovani, venduti dal diabolico pifferaio al miglior offerente?
Ma c’è ancora una possibilità, un luogo che ho scoperto di recente. Esiste un’altra mèta che è sfuggita, fino ad oggi, all’attenzione dei ricercatori locali e non. I Siebenbürgen di cui parlano i fratelli Grimm potrebbero essere, in realtà, i Sieben Berge: un’area collinare poco lontana, situata ad est del massiccio dell’Ith. In questo caso l’idea di un tunnel nella montagna che dall’Ith conduce ai Sieben Berge, non è poi così assurda e comunque molto più probabile dell’ipotesi rumena.
Per il momento la sparizione dei 130 bambini di Hameln resta un enigma. E se veramente sono entrati in una caverna danzando alla musica del pifferaio, preferisco immaginare che dall’altra parte, all’uscita della grotta, abbiano trovato un mondo di favola e non l’inferno.
Bellissimo articolo! Stavo facendo una ricerca sul pifferaio di Hameln, e tu sei riuscita a rispondere a tutte le mie domande, grazie!
Sono stupefatto da come Sabina abbia raccolto queste infomazioni elaborando un documento davvero avvincente.