Le cento vite dell’alchimista che scrisse “De occulta philosophia”

 

 

Agrippa di Nettesheim era mago per natura. Ci sono individui che sembrano avere una tendenza innata per l’occulto, la magia, l’inesplorato. Sono di casa in altri mondi. Più che un talento, la loro è una vocazione. Come Agrippa. Ma l’occultismo non gli portò fortuna. Nemmeno un mago può decidere il proprio destino. La vita di Agrippa fu un’altalena di conquiste e perdite, fortune e sfortune. Forse proprio questo lo rende particolarmente simpatico. Medico, teologo, alchimista, giurista, astrologo, filosofo. Come si può definire quest’uomo? Agrippa possedeva quella “conoscenza universale” tipica del Rinascimento.

Fra cabala e spada: gli anni di fuoco

Fu un grande occultista e scrisse un’opera che, accanto a elementi propri della magia antica, presenta già rudimenti psicologici moderni: “De occulta philosophia”. Probabilmente senza saperlo Agrippa fu un grande innovatore, ma i frutti delle sue scoperte li raccolsero i seguaci. Il suo nome completo era Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim. Nacque nel settembre 1486 a Colonia, da famiglia nobile impoverita. Sappiamo che nel 1499 si immatricolò all’università della città tedesca e studiò Latino, Astrologia, Teologia, Cabala, Medicina, Meccanica, Ottica e Geometria. Nel 1502 – 1503 si recò a Parigi e dalle sue lettere, scritte quattro anni dopo nella capitale francese, possiamo dedurre che conobbe personalità illustri, come il filosofo Charles de Bouelles, il teologo Germain de Brie e l’avvocato artista Jean Perréal. E fu qui, a Parigi, che Agrippa praticò i primi esperimenti d’alchimia. Al centro dei suoi studi filosofico-esoterici vi erano Platone e i neoplatonici e anche l’universo segreto della cabala. In particolare lo affascinava il “Sohar”, redatto nel XIII secolo dall’ebreo spagnolo Mosè de Leon.

Veduta di Colonia nel 1531. Anton Woensam. Città natale del mago e alchimista Agrippa di Nettesheim.

Veduta di Colonia nel 1531. Anton Woensam. Città natale del mago e alchimista Agrippa di Nettesheim.

Forse seguendo il fil rouge della cabala, si unì a un gruppo di amici che volevano intraprendere un viaggio in Spagna. Lo scopo del gruppo era dare man forte a un proprietario terriero catalano, vittima di un’insurrezione contadina sulle sue terre. Dunque Agrippa partì per la Spagna nel 1508, poco più che ventenne. Probabilmente fu l’avventura di cappa e spada più emozionante della sua vita. Dopo essere riuscito, grazie a un astuto piano, a riconquistare la fortezza perduta dell’amico spagnolo, si trovò assediato nel castello. Riuscì a fuggire e a rifugiarsi in una torre situata in aperta campagna, vicino a un lago e ai piedi di una montagna. Ma i rivoltosi assediarono anche la torre. Dopo due mesi la situazione si era fatta pressoché insostenibile. I viveri erano ormai agli sgoccioli, gli assediati pativano la fame. Uno di loro vide che sulla riva opposta del lago c’era un convento. Si decise di chiedere aiuto all’abate, ma la cosa non era facile, giacché per raggiungere il convento bisognava oltrepassare le file nemiche.

Agrippa ebbe un’idea geniale. Travestì un giovane del castello da lebbroso, con tanto di mantello, cappuccio, bastone e campana al collo, e gli affidò una missiva da recare all’abate. Il giovane tornò con la risposta: l’abate li attendeva al convento. Appena s’era fatto buio, Agrippa e i suoi amici lasciarono la torre nascostamente e, preceduti da una guida locale lungo la via delle montagne, raggiunsero finalmente il convento. Se in quel frangente l’inventiva di Agrippa si era rivelata essenziale, non bastò tuttavia a salvare l’amico spagnolo che più tardi cadde nelle mani degli insorti e fu ucciso. Non sarebbe stato, questo, l’unico episodio nella vita di Agrippa in cui la dea Fortuna improvvisamente gli voltava le spalle, in barba al detto: “Fortuna audaces iuvat”. Leggendo la sua biografia, si ha la netta impressione che il mago non fosse nato sotto una buona stella.

Ritratto di Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim, 1524. Anonimo.

Ritratto di Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim, 1524. Anonimo.

Il mago filosofo incontra l’Abate Nero

Altri leitmotiv che accompagnano la vita di Agrippa sono i viaggi in giro per l’Europa e la continua mancanza di denaro. Eppure il mago non stava di certo con le mani in mano. Nelle città di Lione e Autun trovò un impiego come insegnante alle rispettive università, tenne poi delle conferenze a Dole e Besançon. Il tema: la cabala, in particolare il sistema di Johannes Reuchlin. I successi si susseguirono. Soprattutto a Dole Agrippa trovò molti seguaci. Gli fu assegnato un dottorato in Teologia e uno stipendio. Si profilò la possibilità di diventare un protetto di Margherita, principessa d’Asturia e figlia dell’imperatore Massimiliano I. Sembrava cristallizzarsi un periodo tranquillo. Invece i religiosi lo guardavano storto. E fu un irascibile francescano, durante una predica, a puntare il dito contro di lui dal pulpito della chiesa e a tacciarlo d’eresia con voce tuonante. Purtroppo questo zelante monaco, un certo Jean Catilinet, era il proprio il predicatore di Corte di Margherita d’Austria. La pubblica accusa rovinò la reputazione di Agrippa e il mago fu costretto a lasciare la Francia. Partì alla volta dell’Inghilterra.

Nel 1509 tornò i Germania. E in quest’anno fatidico ebbe luogo un incontro eccezionale che avrebbe segnato il percorso di Agrippa nella materia occulta. Il giovane si recò a Würzburg, nel convento St. Jakob, per fare la conoscenza di uno dei più celebri maghi del tempo: Giovanni Tritemio di Sponheim, detto l’Abate Nero. Il vecchio Tritemio e il giovane Agrippa si capirono subito. Erano anime gemelle. S’intrattennero per alcuni giorni sui temi più affascinanti dell’occulto e quando Agrippa lasciò il convento di St Jakob, teneva sotto il braccio un manoscritto segreto redatto da Tritemio: la “Steganographia”. Un libro straordinario, che ogni mago avrebbe voluto per sé. L’opera principe dell’Abate nero. Generazioni di occultisti, dopo la morte di Agrippa, si sarebbero affannati a cercare per tutta Europa quel manoscritto, ma pochi riuscirono a vederne con i propri occhi anche soltanto una copia fedele. Agrippa fu colui che tenne l’originale fra le mani. Il depositario.

Frontespizio di

Frontespizio di „De occulta philosophia“, primo esemplare del 1533.

Quest’opera fondamentale della magia lo ispirò nella stesura del suo “De occulta philosophia”, portato a termine nel 1510. Lo scritto di Agrippa rivestiva, in ambiente occulto, grande importanza perché si trattava della prima raccolta sistematica di tutta la conoscenza magica, dai tempi antichi sino al Rinascimento. Ma di arte non si vive. Bisognava trovare qualche nuovo impiego. Sempre nell’anno 1510, Agrippa fu inviato dall’imperatore Massimiliano I d’Austria in Inghilterra. La missione diplomatica, diretta a indirizzare la politica di re Enrico VIII in una direzione favorevole al Sacro Romano Impero, gli era stata affidata a causa della sua conoscenza ottima della lingua inglese. Il fatto che Agrippa parlasse ben otto lingue correntemente, era noto a tutti. Altri viaggi lo portarono in Italia. Durante la sua permanenza a Pisa, in seguito a una disputa religiosa con degli ecclesiastici, fu scomunicato.

Nel 1512, Agrippa combatté nelle truppe di Massimiliano I contro i veneziani e, per il coraggio dimostrato, fu nominato cavaliere. Nel 1513 accompagnò il cardinale di Santa Croce al Concilio di Pisa, in occasione dell’elezione di papa Leone X, e qui fortunatamente la scomunica venne annullata. A Pavia lo troviamo nel 1515, all’università. Teneva conferenze sugli scritti di Ermete Trismegisto. Sappiamo che a Pavia Agrippa si sposò e si laureò in Medicina e Giurisprudenza. Ma ecco che, sul più bello, Fortuna gli giocò di nuovo un brutto tiro: l’esercito francese irruppe a Pavia e Agrippa dovette fuggire con la moglie in Piemonte, perdendo così tutti i suoi beni.

Il conflitto con l’Inquisizione e la vendetta dei farmacisti

Si ricominciava daccapo. Nel 1516, nel castello piemontese del suo mecenate il conte di Montferrat, il mago scrisse il trattato “De triplici ratione cognoscendi Deum”. Tra la nascita di un figlio e i numerosi viaggi in Italia e Germania, Agrippa finì per accettare, due anni dopo, la carica di procuratore della ricca città commerciale di Metz. E qui mise su carta un altro trattato, “De originali peccato”. Sembrava che Agrippa avesse finalmente la possibilità di studiare in pace i suoi autori preferiti, come Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero, mentre la professione di giurista gli assicurava un salario regolare e cospicuo. Ma ancora una volta la ruota del destino girò in senso contrario. Le autorità di Metz gli chiesero di assumere la difesa di una donna accusata di stregoneria. Agrippa, convinto dell’innocenza della poveretta, inorridito dalle procedure crudeli dell’Inquisizione e dall’ipocrisia degli ecclesiastici, ci mise tutta l’anima. Riuscì a far assolvere l’imputata. Pagando però un caro prezzo. Cadde in disgrazia presso le autorità di Metz, il clero e i cittadini benestanti cominciarono a spargere la voce che fosse egli stesso un praticante di magia nera in combutta con il diavolo. Finché Agrippa si vide costretto a lasciare la città francese e a ritornare a Colonia. Un anno dopo, nel 1521, sua moglie morì.

Solo con il figlioletto di quattro anni, Agrippa si recò allora in Olanda, a Gent, dove lavorò come medico e si sposò per la seconda volta. La moglie, una ragazza di famiglia facoltosa, gli avrebbe regalato ben sei figli. Nel frattempo Agrippa era divenuto direttore dell’ospedale cittadino di Gent. Una persona benvoluta e rispettata. Forse sarebbe dovuto rimanere nella città olandese, là dove i cittadini apprezzavano il suo lavoro. Ma l’inarrestabile mago si decise invece per la Svizzera. Nel 1523 lo troviamo a Freiburg, dove operava come medico e si dedicava all’occultismo. Anche questa sarebbe potuta essere la situazione ideale, se… il suo buon cuore non lo avesse portato dritto dritto alla rovina. Il fatto è che Agrippa curava le persone povere gratuitamente oppure somministrandogli medicine e rimedi in base alle sue ricette personali, e questo non piaceva ai farmacisti. Così medici e farmacisti della cittadina svizzera di Gent si unirono contro di lui boicottando il suo lavoro. Agrippa non ebbe altra scelta che dare le dimissioni e andarsene altrove.

Arrivò nel 1524 nella città francese di Lione e divenne medico personale di Luisa di Savoia, madre del re di Francia, Francesco I. Un altro suo trattato vide la luce due anni dopo, il “Declamatio de sacramento matrimonii”. Finalmente una situazione favorevole e duratura? No, nemmeno questa volta. A dispetto delle gioie matrimoniali del mago, la sua retribuzione a Corte era scarsa, irregolare. Agrippa protestò. Si formò una congiura contro di lui. A ciò si aggiunse uno spiacevole incidente: la reggente Luisa di Savoia gli chiese un oroscopo per il figlio Francesco I e il mago, dopo iniziale reticenza, ne presentò uno in cui prevedeva in guerra la vittoria del nemico, la dinastia dei Borbone. Ormai era chiaro che il suo incarico a Corte era giunto alla fine.

Raffigurazione di Urobouros dall'opera

Raffigurazione di Urobouros in vesica piscis dall’opera „De occulta philosophia“ del 1533, importante compendio magico di Agrippa di Nettesheim

Dannato per sempre

Le peregrinazioni ripresero. Parigi, Anversa. Qui la sua seconda moglie morì di peste. Olanda. Finalmente, nel 1530, Agrippa poté vedere pubblicate alcune sue opere, tra cui “De occulta philosophia” e “De incertitudine et vanitate scientiarum”, che si diffusero subito in tutta Europa. Quella che sarebbe potuta essere una cosa positiva, divenne invece la rovina del mago. Infatti il secondo libro attaccava con violenza la situazione politica e religiosa dell’epoca, di conseguenza anche le caste del clero e dei funzionari di Stato. E il clero reagì, bollando l’opera “De incertitudine” come scritto eretico. A quel punto l’imperatore Massimiliano, preoccupato, ordinò ad Agrippa di ritirare dal libro almeno le critiche mosse contro la Chiesa. Ma il mago era evidentemente una testa dura e rifiutò. E perse di nuovo, per l’ennesima volta, lavoro e salario. Malgrado l’avvertimento del celebre Erasmo da Rotterdam, che lo sconsigliò nel perseverare nella critica, Agrippa rimase sulla sua posizione. Nel dicembre 1530 fu arrestato a Bruxelles e gettato in carcere. Lo lasciarono libero soltanto a condizione che se ne andasse subito dalla città.

Tornato in Svizzera, l’irriducibile Agrippa si sposò per la terza volta. Nel frattempo la sua opera “De incertitudine et vanitate scientiarum” fu tacciata d’eresia anche dall’Università della Sorbona. Nel 1532 Agrippa si rifugiò a Colonia, sotto la protezione dell’arcivescovo Hermann von Wied. Il mago morì tre anni dopo, a Grenoble. Aveva appena 48 anni. Sulla sua tomba uno sconosciuto scrisse un epitaffio maligno che collocava Agrippa nell’Ade e paragonava il suo cane nero al terribile Cerbero, mostro infernale. I tre figli dell’occultista, gli unici sopravvissuti dei sette, cambiarono cognome. Agrippa di Nettesheim era divenuto ufficialmente il compagno di Satana. Fu forse per questo che ispirò a Goethe la tragedia del „Faust“?

Un personaggio unico, insomma, che si discosta dalla marea dei maghi di Corte compiacenti e lecchini. Un uomo di carattere, forse anche un po’ troppo di carattere. Uno che mise spesso a dura prova la pazienza della Dea bendata. Ma anche un avventuriero da romanzo, instancabile viaggiatore, studioso pertinace, uomo di buon cuore, psicologo ante litteram. “De occulta philosophia”, oggi più che mai il simbolo di tutti i maghi del mondo, rimane un’opera insuperata, che l’occultista Hans Biedermann definì “una sintesi di cristianesimo e magia sulla base della mistica neoplatonica”. E questo in un’epoca in cui il magus era uno studioso universale e, come scriveva Agrippa, la scienza magica era “la filosofia più perfetta ed elevata, la perfezione assoluta della filosofia stessa.”

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