Il paradiso della società ecumenica
La cultura della Vecchia Europa. Sin dai tempi degli antichi Greci, la storia dell’Europa è segnata da sanguinose guerre, tragiche differenze e conflitti. Un continente sempre in ebollizione, un mosaico di piccoli Stati in lizza, continuamente pronti a difendere i propri domini contro tutto e a conquistarne di nuovi senza considerare i diritti altrui. Eppure sembra esserci stato un tempo lontano in cui le comunità agricole europee – o almeno una parte di esse – vivevano in pace, senza bisogno di mura di difesa, intrattenendo buoni rapporti di commercio e scambio. Un’epoca che ufficialmente è preistoria, ma che pare essere stata, per diversi aspetti, molto più civile di quelle che seguirono. L’epoca della Vecchia Europa.
Ma di che stiamo parlando? Che intendiamo, quando diciamo la cultura della Vecchia Europa? Per capirlo, dobbiamo retrocedere nel tempo sino al Neolitico, vale a dire in un periodo che va approssimativamente dal 7000 al 3500 a. C.. Parliamo dell’Europa originaria, così com’era prima dell’arrivo dei popoli protoindoeuropei che giunsero dalle steppe asiatiche e si assimilarono alle comunità autoctone riuscendo a imporre le loro lingue e i loro usi e costumi. Un cambiamento radicale che interessava tutti i campi, dal culto religioso alla struttura sociale.
La definizione di Vecchia Europa in tale contesto veniva usata già alla fine del XIX secolo dai linguisti e dagli studiosi della preistoria, che distinguevano fra un’Europa pre-indoeuropea di genti autoctone e quella indoeuropea che la seguì. Più tardi la definizione di Vecchia Europa divenne ancor più esclusiva, allorché fu usata dall’archeologa Marija Gimbutas per definire un insieme di culture che si erano diffuse in un’area definita del continente: nelle valli del Danubio, sui Balcani, in Grecia, sino al Mar Mediterraneo e a oriente sino al Mar Nero.
Lascio la parola a Gimbutas che, nel suo bellissimo saggio “The Goddesses and the Gods of Old Europe”, scrive:
“Una nuova definizione, “Cultura della Vecchia Europa” viene qui introdotta a conferma dell’identità collettiva e delle conquiste dei diversi gruppi culturali del Neolitico-Calcolitico dell’Europa sud-est. L’area da essi occupata si estende dall’Egeo e l’Adriatico – isole incluse – fino alla Repubblica Slovacca, alla Polonia meridionale e all’Ucraina occidentale. Tra il 7000 e il 3500 a. C., gli abitanti di questa regione svilupparono un sistema sociale molto più complesso di quello dei loro vicini a nord e a ovest, costruendo degli insediamenti che spesso divenivano piccole città, e integrando i mestieri specializzati e la creazione di istituzioni religiose e di governo. Scoprirono inoltre la possibilità di utilizzare il rame e l’oro per confezionare gioielli e utensili, e sembra che abbiano anche sviluppato un sistema rudimentale di scrittura.”
Le comunità di queste culture dell’Europa orientale sembrano essersi differenziate dalle altre genti autoctone europee in diversi punti. Prima di tutto erano organizzate in strutture ecumeniche ed egalitarie, di stampo matrifocale e pacifista. Mancano, infatti, nei siti archeologici esaminati fino a oggi i resti di palazzi o ricche tombe che possano testimoniare l’esistenza di differenti classi sociali. Mancano anche tracce di mura di difesa intorno ai centri abitati, il che porta alla conclusione che non ce ne sia stato bisogno e che non si temessero le guerre, perché queste comunità sarebbero riuscite a convivere l’una accanto all’altra in modo pacifico e non aggressivo.
Una società preistorica ed egalitaria per 3000 anni?
In particolare quest’ultimo elemento mi sembra essere di primaria importanza. Se ciò è vero, significa che un modello simile di società egalitaria è in ogni caso più pacifico e auspicabile del modello gerarchico con potere centralizzato che fu quello delle grandi culture successive come, per esempio, Sumer ed Egitto. È quindi, a mio avviso, necessario studiare la genesi, lo sviluppo e la fine di questi centri della Vecchia Europa proprio per capire meglio il passato e poter trarne insegnamento per il presente.
Soprattutto tenendo conto del fatto che se la cultura della Vecchia Europa ha avuto almeno una durata pacifica di ben 3000 anni, il nostro modello sociale gerarchico e guerresco si è rivelato – e si rivela ogni giorno di più – fonte di organizzazioni statali poco durature, di pericolose ineguaglianze sociali e tracolli economici, di tecniche non ecologiche dannose per tutto il pianeta e, insomma, un sistema assolutamente fallimentare.
A prescindere dall’egalitarismo sociale e dalla struttura focalizzata sull’importanza del ruolo femminile nelle comunità, secondo le profonde ricerche svolte da Marija Gimbutas queste culture della Vecchia Europa avevano in comune anche un culto concentrato su una divinità femminile dell’acqua e dell’aria. Principalmente questa veniva immaginata talvolta come donna-uccello e talvolta come donna-serpente. Anche donne-orso o donne-maiale appaiono però, occasionalmente, nell’oggettistica sacra delle comunità.
Che l’idea di un femminino sacro dominasse ogni aspetto della vita, è inoltre confermato dal fatto che in tutte le regioni comprese nell’area della Vecchia Europa siano state trovate moltissime statuette sacre dai tratti femminili (più di 30.000), mentre quelle maschili sono di numero molto inferiore. Ma non soltanto questo. I simboli delle dee dell’acqua e dell’aria tornano, come un leitmotiv, su tutta l’oggettistica, il vasellame e i modelli in creta dei templi e degli altari finora repertati. Sono losanghe, spirali, zigzag, onde, e uova di serpente e uccello.
Le popolazioni della Vecchia Europa avevano già raggiunto un livello notevole nello sviluppo delle tecniche agricole e coltivavano frumento, orzo, veccia, noci e altri legumi. Avevano addomesticato tutti i tipi di animali presenti oggi nei Balcani, a parte il cavallo. Producevano ceramica, lavoravano la pietra e l’avorio. La metallurgia fu introdotta nell’Europa centro-orientale intorno al 5500 a.C.
Lo scambio commerciale fra comunità di diverse aree geografiche era molto attivo, come testimoniano i numerosi ritrovamenti di conchiglie, ossidiana e alabastro in differenti regioni della Vecchia Europa. E poi sembrano aver sviluppato addirittura un sistema di scrittura, il più antico in assoluto, testimoniato dalle tavolette di Tartaria di cui parleremo in modo più dettagliato in altro articolo.
Per farci un’idea più concreta di questa Vecchia Europa immaginata sulla carta geografica, si può dire che Gimbutas la suddivide, nel periodo del VII millennio a.C., in cinque grandi varianti regionali molto avanzate che riporto qui sotto:
- L’area dell’Egeo e dei Balcani centrali
- L’Adriatico
- La valle centrale del Danubio
- I Balcani orientali
- La Moldavia occidentale e l’Ucraina
I reperti più antichi di questa cultura sono stati portati alla luce nell’Egeo e nei Balcani centrali e risalgono al 7000 a.C. Come nelle grandi aree sopracitate, anche all’interno di ogni singolo territorio subentrano variazioni peculiari che riguardano soprattutto lo stile artistico dei manufatti. Così alcuni centri più importanti hanno dato il loro nome alle varie categorie in cui sono stati catalogati i reperti.
In Grecia, nella Tessaglia, c’è ad esempio il centro di Sesklo; nel sud- est dell’Ungheria quello di Koros. Nei Balcani centrali spiccano la cultura di Vinca, sito che si trova a 14 chilometri da Belgrado, e quella di Butmir vicino a Sarajevo. Nel Mare Adriatico troviamo il centro di Scaloria in Puglia e Danilo-Hvar sulla costa dell’ex Jugoslavia, mentre lungo il Danubio e vicino alla costa del Mar Nero vi sono quelli di Hamangia e Cascioarele. Nell’Ungheria meridionale c’è quello di Tisza, e quello di Petresti nella Transilvania. In Romania, Moldavia e Ucraina si profilano soprattutto i centri di Cris, Tartaria, Tripolye e Cucuteni.
Tutte queste aree devono essere interpretate come centri di un’unica, grande tradizione culturale che si evidenzia attraverso la tecnica di costruzione delle abitazioni private, la forma del vasellame, la simbologia, il culto, le statuette. La concentrazione più alta degli insediamenti di alto livello si ha nella valle del Danubio e dei suoi affluenti. Per questo motivo la cultura della Vecchia Europa viene chiamata anche Cultura del Danubio.
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Riguardo i collegamenti fra la cultura della Vecchia Europa e l’Egitto predinastico, vedi il mio saggio
“Prima di Cheope” edito da Nexus Edizioni, 2013.
Clicca qui per vedere un bellissimo filmato della prof. Marija Gimbutas e le sue ricerche sulla Vecchia Europa e la dea madre. 58 minuti. (in inglese con sottotitoli in italiano)
Clicca qui per vedere un video informativo che si basa su una mostra in Romania con diverse interviste con il prof. David Anthony specialista dei Protoindoeuropei e dell’Europa delle origini. 28 minuti.
[…] della Vecchia Europa era una cultura di ampio raggio che abbracciava popolazioni diverse e così fu definita […]