Dalla Russia con fervore: un mistico alla corte degli zar

 

 

Rasputin. Una figura maledetta della storia ma anche un illuminato del mondo occulto. Il figlio di contadini siberiani è circondato da un’aura di dubbio misticismo. Grigorij Efimovic Rasputin, carismatico predicatore e taumaturgo, arrampicatore sociale controvoglia, uomo dedito all’alcol e al sesso, mistico che entrava e usciva dal palazzo degli zar mentre oscuri spiriti insaziabili torturavano il suo animo inquieto. Un personaggio tragico, l’antieroe degno di un romanzo di Dostoevskij.

Nacque nel gennaio del 1869 in provincia di Tobolsk, nella Siberia occidentale, là dove gli inverni sembrano non avere mai fine e non c’è nulla fra le immense pianure e il cielo. Era appena diciassettenne quando decise di vivere come un pellegrino. Ma soltanto tre anni dopo prese in moglie una ragazza del suo villaggio natale con cui mise al mondo ben quattro figli. Rasputin, però, non si sentiva fatto per la famiglia. Le sue tendenze erano ben note alle autorità locali che più volte lo arrestarono per rissa, alcolismo, atti di libidine con giovani ragazze più o meno consenzienti. Grazie a uno di questi rapporti di polizia, abbiamo una sua descrizione fisica: 1,82 m di altezza, capelli chiari, faccia lunga e folta barba rossa. Le foto d’epoca in bianco e nero completano il quadro, evidenziando la lunga capigliatura perennemente unta e disordinata, lo sguardo allucinato da visionario.

 Forse Rasputin sarebbe divenuto un semplice delinquente come tanti, se un giorno non fosse stato colto da un’illuminazione. A suo dire, fu un’apparizione della Madonna a liberarlo definitivamente dal male nonché dall’impiccio familiare. Infatti la visione giustificò un suo viaggio improvviso in Grecia, sul monte Athos. Al ritorno, che ebbe luogo solamente due anni dopo, la metamorfosi del siberiano era completa. Da quel momento Rasputin iniziò a predicare. Diceva messa, pregava con foga, teneva sermoni nei villaggi vicini, finché riuscì a farsi un nome come sant’uomo illuminato dalla Provvidenza.

Rasputin (nel mezzo) insieme con un gruppo di seguaci. Il secondo uomo a destra vestito di scuro e con la barba è suo padre.

Rasputin (nel mezzo, camicia chiara) insieme con un gruppo di seguaci. L’uomo che appare sulla destra, vestito di scuro e con la folta barba, è suo padre. Dominio pubblico

Soprattutto le donne del villaggio lo amavano. A loro piaceva quel tipo robusto, di alta statura, dagli occhi di fuoco e – a quanto pare – anche molto ben fornito. Si sparse la voce che Rasputin soddisfasse i piaceri della carne con un nuovo stratagemma: predicando una sorta di catarsi per mezzo dell’atto sessuale. Cavalcando questo cavallo, il sacerdote del villaggio, suo nemico, tentò di infangare la reputazione di Rasputin presso il vescovo di Tobolsk. Ma l’indagine condotta dal vescovo non diede alcun risultato e il sacerdote dovette tacere.

 Intanto il predicatore passava da un luogo all’altro manifestando i suoi poteri taumaturgici. In realtà Rasputin non faceva altro che sedere accanto al letto dei malati, benedirli e pregare con fervore. Ma in qualche modo le sue preghiere avevano effetto – probabilmente anche l’autosuggestione dei malati rivestiva in queste guarigioni un ruolo di primo piano -, sicché ben presto il suo nome giunse, glorificato e lavato dalle disavventure vissute in gioventù, sulla bocca di tutti come quello di un guru toccato da Dio. Era diventato addirittura un “uomo santo”, secondo il significato del termine russo starez che la gente usava quando parlava di lui.

Rasputin a Pietroburgo

Così Rasputin giunse a Pietroburgo, trentenne ed esperto starez, proprio in un periodo in cui la magia, lo spiritismo e l’occultismo in generale andavano molto di moda. 1900: la Russia degli zar. Una Russia che, ormai da secoli, aveva imparato a soffrire sotto il giogo di crudeli signori come Ivan il Terribile. L’autore Colin Wilson scrisse a tale proposito:

 “La vista del dolore e della morte erano familiari all’anima russa e cementavano la sua tendenza innata al misticismo. L’oppressione politica (si dice che una persona potesse essere esiliata in Siberia anche soltanto a causa del pensiero liberale) e la povertà delle masse fecero sì che l’idealismo si riflettesse esclusivamente nell’arte o nella religione.”(C. Wilson “The Occult”, pag. 545)

 E Rasputin era un figlio del suo tempo. Gli zar anche. Proprio per questo motivo la Pietroburgo del Novecento era una fucina di maghi e occultisti, i più abili dei quali riuscivano prima o poi a oltrepassare la soglia del palazzo imperiale. Fu quindi facile, per una personalità carismatica com’era Rasputin, essere accolta a braccia aperte nei salotti più in vista della città.

Lo zar Nicola II.

Lo zar Nicola II. Dominio pubblico

 Dopodiché gli venne incontro la fortuna. Già nel 1906 Rasputin aveva fatto la conoscenza degli zar. Era stato in occasione di un attentato. Una bomba era esplosa a casa del primo ministro Stolphyn e i figli di questi erano stati feriti. Fu allora che qualche aristocratica bisbigliò all’orecchio della zarina Alexandra il nome di Rasputin e questa, a sua volta, raccomandò al primo ministro i servigi di guaritore dell’ormai famoso starez di Pietroburgo.

 Va da sé che quando fu proprio Alexej, figlio dello zar e della zarina, ad aver bisogno delle cure di Rasputin, questi non tardasse a presentarsi a palazzo. L’unico figlio maschio dello zar Nicola II soffriva di emofilia, una malattia ereditaria e rischiosa, soprattutto per un bambino. L’emofilia comporta una grave insufficienza nella coagulazione del sangue. Se il ragazzo si feriva, era vittima di un sanguinamento persistente, di pericolose emorragie che avrebbero potuto anche causarne la morte. Nel 1907, in seguito a un incidente, il figlio dello zar si ferì. Rasputin arrivò, si sedette accanto al letto del ragazzino a pregare, e il piccolo Alexej superò la crisi.

 Da quel momento lo starez divenne il guaritore ufficiale del bambino. Ogni qualvolta il piccolo Alexej si fosse ferito in seguito a un incidente di gioco, Rasputin arrivava, pregava al suo capezzale e il ragazzo si rimetteva subito dalla malattia. L’elemento miracoloso negli interventi di Rasputin rasentava l’impossibile. Questo è più che evidente in un episodio occorso nel 1912. Alexej si ferì nuovamente e il taumaturgo in quel momento era lontano da palazzo, perché caduto in disgrazia presso lo zar a causa degli intrighi di corte. Ma la zarina, che confidava solamente in lui, gli fece subito telegrafare in Siberia dalla sua dama di fiducia, Anna Vyborova, e Rasputin rispose: “La malattia non è così pericolosa come sembra. Non lasciate che i medici lo disturbino.” Bastò questa frase a guarire il ragazzo e a restituire a Rasputin il prestigio perduto agli occhi dello zar.

Guaritore o ciarlatano?

 Rasputin era davvero un guaritore? Oppure solo un ciarlatano che approfittava dell’ingenuità di zar e nobili per fare la bella vita passando da un salotto all’altro tra gonne di seta, belle donne che pendevano dalle sue labbra, fiumi di alcol e vivande prelibate? O  forse lo starez credeva nei propri poteri a tal punto, da convincere anche chi lo ascoltava? In ogni caso, a prescindere dalle dame che gli facevano gli occhi dolci, Rasputin a corte aveva molti nemici. Nonostante lo starez non sembri aver ambito a cariche politiche, non si stancava però di consigliare allo zar di non immischiarsi nei conflitti bellici, lo ammoniva a mantenere la neutralità. Questo decretò la sua fine. L’autore Serge Hutin scrisse:

 “Se Rasputin fosse stato presente quando scoppiò il conflitto mondiale nel 1914, è probabile che lo zar non avrebbe firmato l’ordine di mobilizzazione del’esercito russo e che la Russia avrebbe mantenuto una posizione neutrale rispetto alle differenze fra Serbia e Austria. Ma Rasputin in quel periodo si trovava in ospedale, in seguito ad un attentato che aveva subito. E come non vedere in questa coincidenza l’azione di un potere occulto? (…) Qualora il principe Jussupov e i suoi amici non fossero passati all’azione uccidendolo, sicuramente si sarebbero occupati i servizi segreti di togliere di mezzo quel “diavolo consacrato” che avrebbero assassinato senza alcuno scrupolo, anche se fosse stato il più venerabile degli asceti.” (S. Hutin, “Gouvernants invisibles et sociétés secretes”, pagg. 254- 255)

 Il telegramma che Rasputin inviò allo zar consigliandolo di non dichiarare guerra, raggiunse il destinatario troppo tardi. Di certo le persone interessate a far entrare la Russia nel conflitto, avevano ormai deliberato di eliminare l’ingombrante starez. La causa principale della morte di Rasputin fu il suo possibile influsso sulle decisioni politiche di Nicola II in un momento così delicato, in cui erano in gioco le sorti del mondo. Non dimentichiamo che, come ogni sovrano importante, lo zar era attorniato da uomini del potere occulto. I tristemente famosi “Protocolli dei savi di Sion” – opera delle società segrete che non ha nulla a che fare con il Priorato di Sion – probabilmente videro la luce proprio nell’entourage di Nicola II.

La zarina Alexandra, devota seguace di Rasputin. colei che lo difese sino alla fine e che si diceva fosse la sua amante. Dominio pubblico.

La zarina Alexandra, devota seguace di Rasputin. colei che lo difese sino alla fine e che si diceva fosse la sua amante. Dominio pubblico

 L’odio dei cortigiani nei confronti di Rasputin fu sicuramente acuito dal successo di questi con le donne e dalla sua posizione confidenziale con la zarina. Uno dei suoi nemici meno pericolosi ma altrettanto accaniti era il monaco Iliodoro, acceso ammiratore di Savonarola. La grande inimicizia fra i due sembra avuto origine nel 1909, quando Rasputin si recò in un convento diretto da Iliodoro, nei pressi di Zaryzin. Perché qui lo starez manifestò un evidente interesse per le giovani novizie, interesse cui seguirono le azioni che più tardi Rasputin si prese la briga di riportare a Iliodoro sin nei minimi particolari. Uno sbaglio fatale. Probabilmente Rasputin pensava di poter condividere le sue avventure di sesso da uomo a uomo, purtroppo non aveva fatto i conti con il fatto che Iliodoro era omosessuale.

Quest’ultimo, piccato per l’arditezza usata nel suo convento, corse a raccontare l’accaduto al vescovo di Saratov, il quale convocò Rasputin e lo redarguì pesantemente. Lo starez, a sua volta, si vendicò protestando con gli zar cui rivelò, senza troppi preamboli, le preferenze sessuali del monaco. Il risultato fu che Iliodoro e il vescovo furono entrambi banditi dall’impero. Non si può certo dire che Rasputin abbia brillato per le sue qualità diplomatiche.

 Se lo starez era odiato dai cortigiani in generale, la zarina Alexandra era invece odiata da quei cortigiani che si erano schierati intorno al marito. Il motivo era semplice: Alexandra non veniva vista di buon occhio perché di origine tedesca. E questo fatto non giocava di certo a vantaggio di Rasputin, il quale godeva soprattutto della protezione della zarina. E poi a palazzo si raccontavano molte cose piccanti su questa intima amicizia. Addirittura correva voce che i due fossero amanti. Ciononostante Rasputin non si faceva impressionare né dalle chiacchiere, né dalla potenza degli zar. Anzi, da anarchico nato qual era, li ammoniva apertamente di continuo e scagliava anatemi contro la nobiltà di Pietroburgo, accusando i proprietari terrieri di derubare i contadini delle loro terre e di precludergli la possibilità di farsi un’istruzione. Intanto, però, approfittava dell’appartamento messogli a disposizione dalla famiglia imperiale e dei fiumi di madera – il suo vino preferito –  che questa gli faceva pervenire regolarmente.

Tale atteggiamento gli fruttò presso i nobili l’attributo di barbaro plebeo. Rasputin lo prese come un complimento. Sapeva di essere un plebeo, il giudizio dell’aristocrazia non gli interessava minimamente e se la rideva delle dame altolocate che, folli di passione per lui, lo adoravano come un semidio e pregavano nascostamente le sue cameriere di donargli almeno la biancheria sporca dello starez, per poterla conservare come una reliquia.

Il plebeo che minacciava l’esistenza dell’impero e la sua ultima profezia

 È chiaro che una situazione del genere non potesse durare a lungo. Mentre si susseguivano gli attentati contro Rasputin e gli zar si vedevano costretti a metterlo sotto costante protezione della polizia, la stampa aveva iniziato una campagna denigratoria contro lo starez, tirando in ballo la sua vita poco edificante prima e dopo l’inizio dell’attività spirituale. Si scriveva che già da giovane, nel suo villaggio, il siberiano era noto a tutti come un fannullone dedito a soddisfare i piaceri della carne da mattina a sera e caratterizzato da un’evidente vena di erotomania. Inoltre nel novembre 1916 dei deputati della Duma attaccarono gli zar con veemenza, definendo le ingerenze di Rasputin a corte un potere oscuro che minacciava l’esistenza dell’impero. Evidentemente questi signori avevano uno spiccato senso dell’umorismo. Se quello di Rasputin era un potere oscuro, come descrivere allora il potere delle società segrete che intrigavano senza sosta alle spalle degli zar? Tutto ciò condusse inevitabilmente alla formazione di un complotto di corte contro lo starez.

Forse Rasputin venne in qualche modo a sapere della cospirazione e temette per la propria vita. Forse intuì o sospettò qualcosa. Fatto sta che proprio poco prima della sua tragica morte scrisse una lettera alla zarina in cui nominava addirittura una data precisa: “Sento che morirò prima del 1 gennaio 1917”, scrisse. E poi, cosa ancor più singolare, fece una strana profezia:

 “Se sarò ucciso da comuni assassini, in particolare dai miei fratelli, i contadini russi, allora la Russia continuerà ad essere per secoli una fiorente monarchia. (…) Se invece sarò ucciso da nobili Boiari, allora le loro mani resteranno macchiate del mio sangue e, per ben 25 anni, non potranno cancellare il mio sangue dalle loro mani (…) Se saranno i tuoi parenti a causare la mia morte, allora tutta la tua famiglia, vale a dire i tuoi figli o parenti, non resterà in vita per più di due anni. Saranno uccisi dal popolo russo.” (P. Tarrok “Rasputin”, pag. 118)

 Questa lettera fu scritta nel dicembre 1916, e sappiamo che nel 1918 tutta la famiglia degli zar fu fucilata per mano dei rivoluzionari in una squallida cantina, dopo essere stata imprigionata per un anno a Jekaterinenburg. Dunque lo starez aveva visto giusto, sino alla fine. Rasputin era un uomo del popolo, ma è difficile pensare che delle conoscenze in seno ai rivoluzionari potessero averlo messo al corrente con due anni di anticipo su quello che sarebbe accaduto agli zar. Tuttavia, se la lettera è già abbastanza intrigante e obsoleta di per sé, ancor più impressionante è la morte di quest’uomo singolare.

 Avvenne una notte del dicembre 1916. Rasputin era stato invitato a un banchetto a casa del principe Jussupov. Il suo vino e i dolci che mangiò, erano avvelenati. Cianuro. Si pensava che il veleno gli facesse perdere conoscenza nel giro di un minuto e che, subito dopo, sarebbe caduto morto dalla sedia. Invece lo starez non dette il minimo segno di malore. Il principe, sbalordito e allarmato, estrasse la pistola dalla tasca e gli sparò. Dopodiché uscì dalla stanza per andare a chiamare i suoi complici che lo avrebbero aiutato a trasportar via il cadavere.

 Ma quando gli assassini tornarono sul luogo del delitto, videro lo starez alzarsi in piedi, attraversare la camera e uscire barcollante nel cortile del palazzo. Gli spararono di nuovo, eppure ancora non era morto. Allora presero a colpirlo brutalmente con una stanga di ferro. Poi, per essere certi che lo starez fosse davvero spirato, gettarono il suo corpo nell’acqua ghiacciata della Neva.

 Evidentemente Rasputin godeva di una salute d’acciaio e di una robustezza davvero al di fuori del normale, perché quando ripescarono il suo cadavere dalla Neva, videro che era morto annegato. Lo trovarono con il cranio fracassato, il volto sfigurato, il corpo perforato da diversi proiettili. Tuttavia lo starez, ancora in vita dopo essere stato gettato nel fiume, aveva tentato di liberarsi dal cappio che lo teneva legato nell’acqua gelida. Aveva lottato fino all’ultimo.

 Questo personaggio unico in equilibrio tra dannazione e santità impressionò a tal punto lo scrittore dell’occulto Colin Wilson, che l’inglese scrisse: “Rasputin era, come Crowley, un mago per natura. Non fece nulla per sviluppare i suoi poteri. Anzi, c’è da chiedersi se fosse in grado di tenerli sotto controllo.”(C. Wilson “The Occult”, pag. 554)

Sicuramente la Siberia vanta una’antichissima tradizione sciamanistica, e io sono incline a riconoscere in Rasputin lo sciamano dei tempi remoti, una forza istintiva della natura a volte brutale, che non può essere sottomessa a regole di nessun tipo. Di certo fu un vero anarchico. Il caos era il suo mondo, i pericoli della tenebra non lo spaventavano e la forte tendenza alla trasgressione lo rese facile preda di alcol ed eccessi in materia sessuale. Eppure il sanguigno starez doveva essere incline a un misticismo delle origini. Si racconta che lo zar Nicola II, alla notizia della morte di Rasputin, abbia mormorato: “Sono perduto”. Non sappiamo se l’abbia detto sul serio. In ogni caso la profezia dello sciamano due anni dopo si avverò e lo zar andò incontro a un tragico destino.

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