Suicida o assassinato?

 

 

Ludwig, un uomo dall’infelice destino. E pensare che avrebbe potuto essere la stella più brillante nel firmamento della corte bavarese. Era bello, intelligente, sensibile e, quel che più conta, era re. Eppure un mostro insaziabile gli divorava l’anima. La pazzia? Il fardello dell’omosessualità in quell’epoca di esasperato moralismo? La sua sensibilità fortemente eccentrica che lo portò a sperperare i beni dello Stato causando lo sconcerto dei ministri e la propria rovina?

 La vita di Ludwig e la sua morte restano entrambe un mistero. Nessuno è mai riuscito a decifrare pienamente l’universo mentale del Märchenkönig (re delle favole), come lo chiamano i Bavaresi. Fu davvero pazzo? Il suo medico lo disse paranoico, gli psichiatri odierni parlano di personalità schizoide. Ludwig appena ventenne guarda con occhi sognanti dal ritratto ufficiale che gli fece il pittore Ferdinand von Piloty. Il leggero sorriso un po’ melanconico, il gran ciuffo di folti capelli scuri spartiti sulla fronte e la figura alta, slanciata (il re misurava 1.93 di altezza). Non fissa l’osservatore, il giovane Ludwig. Il suo sguardo si perde chissà dove, in un punto indefinito e lontano.

Ludwig II da giovane nel dipinto di Piloty Dominio pubblico

Ludwig II da giovane nel dipinto di Piloty. Dominio pubblico

 Era nato il 25 agosto 1845 poco dopo mezzanotte nel castello di Nymphenburg (oggi un quartiere di Monaco di Baviera), dall’unione di due sovrani di bell’aspetto: il principe Massimiliano II e la principessa Maria. Del resto anche suo nonno Ludovico I era stato un uomo di solare bellezza. Non per nulla questo donnaiolo, consapevole del proprio fascino, aveva collezionato avventure con numerose amanti. Tra le sue conquiste: la conturbante ballerina spagnola Lola Montez, una celebrità dell’epoca.

 E se il piccolo Ludwig era nato un 25 agosto come il nonno da cui ereditò il nome, la sua data di nascita coincise con un ulteriore episodio della storia europea: la morte di un altro celebre Ludovico, Louis IX re di Francia. Questi era stato santificato dalla Chiesa per la sua religiosità che rasentava il bigottismo ed è ricordato nella storia francese come il portatore di un secolo d’oro. Segni del destino? Sembrava che la sorte promettesse al bimbo Ludwig una vita speciale, che volesse fare di lui un sovrano unico, ineguagliabile. Forse per questo i genitori lo educarono in modo più che rigoroso.

 Di certo al piccolo Ludwig mancò il loro amore. Massimiliano e Maria furono sempre freddi e distanti nei suoi confronti. Così, passando da una bambinaia all’altra, da un precettore a un maestro di scherma, Ludwig crebbe insieme con il fratello minore Otto nel bel castello di Hohenschwangau e cercò le prime gioie altrove, tra i dipinti mitici e gli arazzi istoriati che narravano le saghe nordiche degli eroi. La letteratura lo affascinò sin da ragazzino, si sentiva a suo agio in un  mondo fantastico.

 Nel 1848, alla morte del nonno Ludovico I, suo padre il principe Massimiliano divenne re, e il bambino a sua volta principe della Corona. Poi, quando nel 1964 anche Massimiliano abbandonò questo mondo, il giovane Ludwig si trovò dalla notte al giorno sul trono della Baviera. Era divenuto re a soli 18 anni di età. Da quel momento iniziò l’epoca dell’arte, della glorificazione della musica, dei progetti architettonici più azzardati e dei perenni cantieri di costruzione ovunque, nonché dello sperpero del denaro di Stato.

Le fantasie del „Märchenkönig“

 Innanzitutto Ludwig finanziò abbondantemente il compositore e amico Richard Wagner, il quale confezionava un’opera dopo l’altra in onore del re. Questo suo fanatismo per Wagner, che nel frattempo grazie alle elargizioni di corte conduceva una vita principesca, raggiunse un punto tale che Ludwig si vide costretto dal suo stesso entourage ad allontanare il compositore dalla Baviera. Si temevano le proteste sempre più serrate della popolazione non molto entusiasta delle spese esagerate a proprio danno. La decisione non fu però causa di rottura dei rapporti amichevoli tra i due. Anzi, possiamo dire che Wagner approfittò fino all’ultimo dei favori del monarca.

 Ma le maggiori spese erano causate dalla smania di costruzione di Ludwig che non riguardava edifici di uso pubblico, né migliorie apportate alla struttura cittadina sulle orme del nonno e del padre, bensì castelli a uso privato. Castelli da favola: questi edifici eretti nel cuore della natura sono oggi famosi e meta continua di turisti giunti da tutto il mondo: Linderhof, Herrenchiemsee e poi il grandioso Neuschwanstein, che rimase incompiuto.

Castello di Neuschwanstein, il progetto forse più ambizioso di re Ludwig II di Baviera. Foto di Thomas Wolf, www.foto-tw.de -CC-BY-SA-3.0

Castello di Neuschwanstein, il progetto forse più ambizioso di re Ludwig II di Baviera. © Thomas Wolf, www.foto-tw.de -CC-BY-SA-3.0

 Alla politica, invece, Ludwig non sembrò interessarsi più di tanto. Di certo il re non fu amante della guerra e cercò sempre di mantenere una posizione pacifica e relativamente neutrale anche durante i conflitti fra Prussia e Austria. Alla fine, pressato dai suoi ministri, si schierò dalla parte dell’Austria, ma questo era tutto. Mentre i ministri si occupavano di trattative e strategia militare, lui se ne andava in Svizzera a incontrare l’amico Wagner. Intanto la Baviera uscì sconfitta dal conflitto armato e dovette pagare ai Prussiani un risarcimento di ben 30 milioni di fiorini d’oro.

 Per tutta la sua vita Ludwig fu tormentato dalle inclinazioni omosessuali che, soprattutto in quel secolo bigotto, non potevano che creargli dei problemi. Molto presto si rese conto di non provare nessuna attrazione per il sesso femminile e la successione al trono si presentò come il primo problema da affrontare una volta divenuto re. Era necessario avere un erede maschio. Ludwig accondiscese al matrimonio con la graziosa cugina Sophia, sorella dell’Elisabeth imperatrice d’Austria ormai più nota come la Sissi dell’omonimo film con Romy Schneider che come personaggio storico.

 Si annunciò quindi il fidanzamento fra i due, poi l’imminente matrimonio. Ma Ludwig non riuscì a compiere l’ultimo passo. Continuamente rimandava la data di nozze, finché non se ne fece più nulla. Sembra che la sua omosessualità non fosse l’unico scoglio. Secondo lo studio recente dello psichiatra e neurologo Heinz Häfner, si nascondeva qualcos’altro oltre la cortina di segreto di cui il giovane re amava circondarsi. Ludwig usò violenza a dei suoi soldati, costrinse giovani servitori a prestazioni sessuali per soddisfare le proprie voglie. A ciò si aggiunge la stima sospetta dello scrittore austriaco Leopold von Sacher-Masoch (dal cui nome deriva il termine masochismo) nei suoi confronti. Questi disse di considerare Ludwig un’anima gemella.

 Tra fallimenti politici, costruzioni da megalomane e l’idea folle di organizzare un complotto che portasse alla caduta dei suoi ministri in Baviera per poter poi fondare un regno nuovo nelle Isole Canarie (sic), la vita di questo re in bilico fra operetta e tragedia iniziò a perdersi nella solitudine. Ludwig era sempre più triste, sempre più grasso e sempre più sdentato. Appena quarantenne, il re era già distrutto da vizi e follia.

Ritratto di Ludwig II negli anni della maturità. Dominio pubblico

Ritratto di Ludwig II negli anni della maturità. Dominio pubblico

 Le sue relazioni fugaci con i giovani amanti finivano male, lo Stato sull’orlo della bancarotta protestava e i suoi debiti personali aumentavano a vista d’occhio, tanto che a un certo punto si vide costretto a interrompere i progetti di costruzione. Di pari passo con le stranezze di Ludwig, si palesava ormai con estrema chiarezza anche la malattia mentale di suo fratello Otto. Evidentemente gli strategici matrimoni fra consanguinei, che sembrano essere stati una prassi normale nella dinastia dei Wittelsbach, recavano i loro frutti amari.

Ludwig: Il giallo del lago

 Nell’aprile 1886 la cassa privata del re era vuota. Ma Ludwig non intendeva ridimensionare la sua vita e si rivolse al rigoroso cancelliere di Stato Otto von Bismarck, affinché gli facesse pervenire l’ingente somma – 6 milioni di marchi – che i suoi ministri gli avevano negato. Forse fu questa la goccia che fece traboccare il vaso. I ministri ne avevano abbastanza di Ludwig. Si decise per l’interdizione. L’8 giugno 1886 i medici Bernhard von Gudden, Friedrich Wilhelm Hagen, Hubert von Grashey e Max Hubrich, tutti luminari dell’epoca, stilarono una perizia psichiatrica sulle condizioni mentali del re. Senza tentennamenti e con una velocità che rasentava l’impossibile, tutti i medici di comune accordo dichiararono che il sovrano era malato di mente e diagnosticarono un’inguaribile paranoia. Il 9 giugno Ludwig fu interdetto, sospeso dalla carica di governante del regno. E qui comincia il mistero.

 Lo storico Herrmann Rumschöttel afferma che Ludwig era negli ultimi anni  molto depresso e pensava al suicidio. Più che comprensibile, se si considera la situazione in cui viveva il re dopo l’interdizione. Si era visto chiudere definitivamente il rubinetto dei soldi e, come se non bastasse, imprigionare nel castello di Berg, sul lago di Starnberg, dove viveva in libertà vigilata, sempre scortato da medico e infermieri.

 Proprio il castello di Berg, con lo splendido paesaggio lacustre circondato dalle montagne, fu lo scenario della sua fine. Ludwig era giunto all’ultimo atto di quell’opera tragica e difficilmente comprensibile che fu la sua vita. La sera del 13 giugno 1886, alle 18.00 di sera, il re uscì a fare una passeggiata lungo il lago insieme con il suo medico, il dottor von Gudden. Una passeggiata da cui non avrebbe fatto più ritorno. La cosa strana è che proprio quella sera il medico disse al personale del castello di voler uscire da solo con il re, mentre di solito i due si allontanavano soltanto se accompagnati dagli infermieri.

 Il dottore e il suo paziente intendevano ritornare alle 20.00, per l’ora di cena. Ma nessuno li vide arrivare. Era piovuto, quella sera. Si pensò che i due, sorpresi dalla pioggia, avessero cercato rifugio da qualche parte, che fossero in ritardo per questo. E si attese ancora. Niente. Poi si decise di mandar fuori dei gendarmi e tutti gli uomini a disposizione nel castello, muniti di lanterne, per scandagliare le rive del lago. Verso le 22.00 uno dei cortigiani vide il mantello e un altro indumento del re galleggiare sulle acque scure. Mezz’ora dopo si scoprì il cadavere di Ludwig. Non solo il suo. A circa 25 passi dalla riva del lago galleggiava anche il corpo senza vita del dottor von Gudden. L’orologio da tasca del re, a causa dell’infiltrazione d’acqua, si era fermato alle 18,45. Quello di von Gudden segnava le 20,10.

Esposizione della salma di Ludwig II di Baviera tra il 16 e il 18 giugno 1886. DominioPubblico

Esposizione della salma di Ludwig II di Baviera tra il 16 e il 18 giugno 1886. Dominio Pubblico

 La versione ufficiale parlò di suicidio del re per annegamento con conseguente morte accidentale del medico, avvenuta nel tentativo di salvare a Ludwig la vita. Il 15 giugno la salma del re fu trasportata a Monaco, alla Residenza, dove ebbe luogo l’autopsia. Quella mattina, ben13 medici esaminarono il corpo di Ludwig. I risultati non furono resi pubblici, perlomeno non in modo completo. Poi il re fu imbalsamato, un’operazione che durò fino alle otto di sera, deposto nella bara e portato nella cappella di palazzo dove rimase per tre giorni. Il 19 giugno ci fu a Monaco la grande cerimonia funebre con deposizione della bara nella cripta dei regnanti, situata nella chiesa monacense di San Michele. Il cuore di Ludwig invece, fu preventivamente rimosso e deposto il 16 agosto nella Gnadenkapelle di Altötting.

 Tuttavia l’enigma della morte del re e del suo medico rimane. Tanto più che in occasione di una mostra imperniata sulla vita e il lavoro di Bernhard von Gudden, corifeo della psichiatria tedesca ottocentesca, organizzata nel convento bavarese di Benediktbeuern nel maggio scorso, è stata esposta anche la sua maschera mortuaria. E questa evidenzia una grossa tumefazione sopra l’occhio destro, così come dei graffi sul naso. Elementi che potrebbero indicare una lotta del medico negli ultimi istanti prima della morte.

La scoperta di Wichmann e altre stranezze

 Il mistero della morte di Ludwig affascinò per anni lo storico dell’arte Siegfried Wichmann e lo portò, nel 2007, a scrivere il libro Die Tötung des Königs Ludwig II von Bayern (L’assassinio di re Ludwig II di Baviera). Il suo interesse nacque nel 1967, quando gli fu mostrato uno schizzo di dipinto ottocentesco che rappresentava i volti di tre uomini. Due di essi riflettevano un’espressione di profonda disperazione, mentre il terzo volto nel mezzo – occhi chiusi e bocca spalancata – era quello di un morto: Ludwig. Wichmann fu stupito di vedere che il re perdeva sangue dalla bocca. Ma se era annegato?

 Si trattava davvero del ritratto di Ludwig? Sì, perché dietro la tela erano stati riportati i nomi dei tre personaggi: Schleiss von Löwenfeld, Hornig e Ludwig II. Inoltre  il quadro era stato realizzato dalla mano di Hermann Kaulbach, il pittore ufficiale del re. Esaminando attentamente la tela, lo storico tedesco giunse alla conclusione che Kaulbach, noto per essere sempre armato di pennello e colori ovunque andasse, doveva aver eseguito lo schizzo sul posto, vale a dire poco dopo l’accaduto. Il primo pensiero di Wichmann, alla luce delle sue esperienze di guerra, fu per la bocca piena di sangue del re. Tale elemento gli suggeriva che Ludwig fosse stato colpito da arma da fuoco nei polmoni.

 Analizzando minuziosamente l’accaduto di quella tragica sera, Wichmann immaginò la scena seguente: lo psichiatra von Gudden aveva condotto Ludwig al lago con la chiara intenzione di eliminarlo per conto dei ministri. Una volta giunti alla riva, lo sparo (o gli spari) del medico colpì il re ai polmoni, uccidendolo. Ma mentre tentava di eliminare le proprie tracce dal luogo del delitto, von Gudden fu sorpreso dagli amici di Ludwig e ci fu una lotta, in seguito alla quale il medico morì strangolato. Wichmann è convinto che i soccorritori di Ludwig fossero Hornig e Schleiss von Löwenfeld accompagnati dal pittore Kaulbach e che i tre intendessero aiutare il re a fuggire da Berg. Purtroppo erano arrivati troppo tardi.

 Ma Wichmann non è il solo a dubitare della versione ufficiale dei fatti. Il giornale Der Spiegel riportava nel 2007 la testimonianza del banchiere monacense Detlev Utermöhle. Questi affermò di aver visto insieme alla madre qualcosa di stupefacente. In un palazzo di Nymphenburg, dove abitava la contessa Josephine Wrbna-Kaunitz loro amica, i due ebbero modo di vedere di persona  il mantello di Ludwig. Il cimelio veniva gelosamente conservato dalla contessa in una cassapanca e sarebbe stato indossato dal re proprio la sera della sua morte. Presentava due fori prodotti da un’arma da fuoco. All’epoca Detlev era un ragazzino di 10 anni, ma la cosa lo colpì particolarmente, gli rimase impressa nella memoria. Inoltre il banchiere possiede un documento scritto dalla  madre che, altrettanto impressionata, decise di mettere nero su bianco l’importante episodio del mantello. Dunque lo storico Wichmann ha ragione? Purtroppo la contessa Wrba-Kaunitz morì nel 1973 vittima di un incendio e, nel trambusto dopo la sua morte, l’indumento andò perduto.

Tomba di Ludwig II di Baviera. Dominio pubblico

Tomba di Ludwig II di Baviera. Dominio pubblico

 A tutti questi elementi, senza dubbio interessanti, si contrappone il silenzio della famiglia Wittelsbach, che presenta ancora oggi la strana morte del celebre antenato come suicidio per annegamento. Rifiuta di mostrare documenti che forse potrebbero aiutare a far luce sull’enigma. Ai ricercatori che da anni si premurano di ricevere un permesso di esumazione della salma di Ludwig per poter far eseguire un nuovo esame patologico con l’aiuto della tomografia computerizzata, i Wittelsbach rispondono con un rifiuto.

 Bisogna accontentarsi dell’autopsia eseguita poco dopo la morte del  re il cui referto medico però, a detta del patologo berlinese Volkmar Schneider, è estremamente impreciso. In questo referto mancherebbe qualsiasi indicazione di morte per annegamento. Schneider osserva che non si parla mai di schiuma nella bocca o nel naso, e nemmeno di acqua del lago presente nei polmoni. Non c’è, ovviamente, neanche nessun accenno a delle ferite di arma da fuoco. Ma se vogliamo accettare la teoria del complotto e della morte programmata, è chiaro che i mandanti non avrebbero mai permesso ai medici di riportare su carta degli indizi così compromettenti. Forse preferirono semplicemente tacere, senza profondersi in dettagli falsi, inventati.

 Restano, tra le voci dei primi testimoni, quelle di alcuni pescatori del lago, che dissero di aver udito degli spari di arma da fuoco provenire dalla riva. Ma alla fine di quell’Ottocento fin troppo moralista e rispettoso della memoria dei re, nessuno ha voluto prendere in seria considerazione le loro parole di popolani. E poi, diciamolo pure: a un re triste che sempre si circondò di un’aura di romantico segreto, si adatta di più l’immagine di un suicidio nel lago. Ricordiamo Ludwig così, nella luce irreale di una sera piovosa di giugno, mentre s’immerge nell’acqua avvolto nell’ampio mantello. Lo vediamo di spalle, una sagoma alta e solitaria. Il suo medico rimane nell’ombra.

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