Il cranio della Grotta di Manot apparteneva all’antenato dei primi europei?

 

 

La teoria Out of Africa II presuppone che l’Homo sapiens abbia abbandonato il Continente africano prima di 60.000 anni fa. Nel lungo viaggio che l’avrebbe condotto in Europa intorno a 45.000 fa, l’antenato dei primi europei attraversò il corridoio levantino. In Israele Homo sapiens e uomo di Neanderthal vissero insieme nello stesso territorio. Questa la conclusione confermata dalla presenza di una calotta cranica scoperta in una caverna dell’Israele settentrionale: la Grotta di Manot.

Ma andiamo per ordine. Già l‘analisi di un frammento di mandibola di Neanderthal, portato alla luce in Italia nel 1957 nel giacimento paleolitico di Riparo Mezzena, presentava caratteristiche di Homo sapiens suggerendo la possibilità di un incrocio di DNA delle due specie. Ora il cranio della Grotta di Manot (situata a nord di Haifa) sembra riproporre l’interrogativo riguardante i rapporti sociali intercorsi fra i due ominidi. Individui della specie Homo sapiens e individui della specie uomo di Neanderthal si sono forse accoppiati in Israele? Domanda scottante, sollevata da una piccola calotta fossile di 55.000 anni fa.

Antropologia virtuale

Le indagini nella caverna israeliana situata presso il villaggio di Manot sono iniziate nel 2010. Circa 30.000 anni or sono la volta della grotta era precipitata, sigillando l’accesso alla cavità rocciosa e permettendo così la conservazione dei reperti fino ad oggi. All’interno della caverna gli archeologi hanno trovato numerosi oggetti che testimoniano la presenza di ominidi in loco da almeno 100.000 anni. Resti fossili di animali, utensili di pietra. Ma il reperto più importante è di certo la calotta cranica che, al momento del ritrovamento, era posizionata in una nicchia.

L’esame antropologico del reperto è avvenuto sotto la direzione del professor Israel Hershkovitz dell’Università di Tel Aviv. Una calotta priva di volto. Non è possibile dire se sia appartenuta a un uomo o una donna, e inizialmente era anche impossibile dire se fosse di Neanderthal o di Sapiens. Dunque il frammento osseo fu sottoposto all’analisi antropologica virtuale, in seguito alla quale i dati di un reperto vengono misurati al computer con metodi matematico-statistici. A questo stesso esame erano stati sottoposti anche i denti scoperti in Italia nella Grotta Cavallo, prima creduti di Neanderthal e poi attribuiti, in un secondo tempo, all’Homo sapiens.

Antropologia virtuale: si è misurato il frammento di Manot con l’aiuto della tomografia computerizzata, poi i risultati sono stati messi a confronto con quelli di altri 100 crani. Questo ha dimostrato l’appartenenza della calotta di Manot alla specie di uomo anatomicamente moderno, il Sapiens. Le maggiori corrispondenze sono state rilevate fra la calotta di Manot e i crani di africani di oggi, così come i crani di Sapiens che vissero in Europa 20.000 – 30.000 anni fa. Allo stesso tempo il cranio Manot differisce invece da quelli di tutti i primi uomini anatomicamente moderni del Levante. Il che colloca l’uomo di Manot fra i primi Sapiens africani che migrarono in direzione Europa. L’antenato dei primi europei.

Il cranio di Manot presenta somiglianze evidenti con quelli degli africani di oggi e dei primi moderni europei, come ada esempio con il cranio di Mladec 1

Il cranio di Manot presenta somiglianze evidenti con quelli degli africani di oggi e dei primi moderni europei, come ad esempio con il cranio di Mladec 1 raffigurato qui sopra. Quest’ultimo, della Repubblica Ceca, apparteneva a una donna di 16-17 anni e risale a 31.000 anni fa. È uno dei crani europei più antichi. © Reimund Schertzl

Questo per quanto riguarda l’attribuzione a una specie umana. A ciò si aggiunge poi la datazione del frammento osseo di Manot, che si è basata invece sugli strati di calcite accumulati sulla superficie esteriore e interiore della calotta durante la permanenza di quest’ultima nella grotta israeliana. Gli strati, sottoposti ad analisi dell’uranio – torio, hanno fornito una datazione di 55.000 anni.

Un risultato entusiasmante. Il missing link della teoria Out of Africa II. Ma c’è di più. La presenza del Sapiens nel Levante 55.000 anni fa suggerisce che l’uomo anatomicamente moderno sia venuto a contatto con l’uomo di Neanderthal proprio in quest’area e in quest‘epoca. Il Neanderthal era giunto in Israele da una zona diametralmente opposta, quella del Continente europeo, e non si sarebbe mai spinto più a sud del territorio levantino. Non sappiamo se per motivi climatici o altro.

Sesso fra Sapiens e Neanderthal nel Levante?

Ovviamente l’incontro fra le due specie in Israele potrebbe aver avuto delle conseguenze molto rilevanti. Non dimentichiamo che dal nostro genoma di uomini moderni affiora una percentuale da 1 a 4 % di patrimonio genetico dell’uomo di Neanderthal. La coesistenza dei due ominidi in Israele potrebbe rafforzare la teoria dell’ibridazione fra Sapiens e Neanderthal avvenuta nel Levante, postulata di recente dal genetista Svante Pääbo. Intanto l’antropologo Gerhard Weber dell’Università di Vienna, che fa parte del team del professor Hershkovitz, osserva:

„Il frammento cranico di Manot è quello che gli antropologi cercano da anni. Colloca perfettamente le parti mancanti della storia umana nel luogo e nel tempo che avevamo immaginato fino ad ora.“

La teoria Out of Africa, dunque, trova conferma. E l’accoppiamento? A quanto pare, la ricostruzione di una medesima rotta seguita da Sapiens e Neanderthal nel corridio levantino, così come anche i risultati della ricerca genetica offerti da Pääbo, non bastano ancora a confermare l’avvenuto processo extraeuropeo di ibridazione. L’ambiente accademico si mostra restio ad accettare questa possibilità. Il polverone sollevato dalla diffusione dei risultati di Pääbo è ancora nell’aria, ma non riesce ad attecchire.

Cranio della Grotta di Amud 1. I Neanderthal di Amud vissero insieme ai Sapiens 40.000-50.000 anni fa. Foto - Ryan Somma - CC-BY-SA-2.0

Cranio della Grotta di Amud 1. I Neanderthal di Amud vissero insieme ai Sapiens 40.000-50.000 anni fa. © Ryan Somma – CC-BY-SA-2.0

Eppure non si tratta di un’ipotesi assurda. Anche perché la Grotta di Manot si trova a pochi chilometri di distanza da altri giacimenti paleolitici in cui sono stati trovati resti ossei di Neanderthal che risagono alla medesima epoca. Un esempio in questo senso: la Grotta di Amud. Qui il giapponese Hisashi Suzuki trovò, nel 1961, un uomo di Neanderthal che misurava 1,80 m di altezza, con una capacità cranica di ben 1740 cm cubi. L’uomo era morto all’età di 25 anni.

Gli studiosi, però, preferiscono trattenere l’entusiasmo e andare cauti. Prima di parlare di ibridazione nel Levante, aspettano un’eventuale analisi di DNA del reperto fossile. Un’mpresa, questa, non certo facile, giacché la calotta cranica di Manot è stata sottoposta per decine di millenni a temperature molto elevate all’interno della caverna. In queste condizioni il materiale genetico potrebbe essere stato gravemente danneggiato o magari distrutto. Ma non è ancora detta l’ultima parola. E se un giorno questa prova arriverà, potremo finalmente affermare, con sicurezza inoppugnabile, che 55.000 anni fa i rapporti fra i nostri antenati Sapiens e Neanderthal stanziati in Israele sono andati ben più in là di una semplice stretta di mano.

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