Residenza reale o tempio zulu?

 

 

Le rovine di Grande Zimbabwe nel complesso principale della Great Enclosure: residenza reale o tempio zulu? Quando i primi portoghesi raggiunsero Zimbabwe, il regno degli Shona fondatori era ormai giunto al tramonto e i fondatori migrati verso il settentrione. Una nuova dinastia, quella dei Rozwi Mambos, si era stabilita a Grande Zimbabwe. Questa tribù svolse un alacre commercio di avorio e oro con arabi e portoghesi. Nella prima metà del XIX secolo, i guerrieri Ngoni (un’altra tribù shona) distrussero Grande Zimbabwe in seguito alla rivolta di Shaka Zulu.

Ma da dove proviene il nome “Zimbabwe”? A seconda del dialetto africano, il termine significherebbe “casa sacra” oppure anche “residenza del re” che si potrebbe riferire soprattutto alle rovine del complesso principale situato sulla collina in cui con grande probabilità si trovavano stanze della famiglia reale e forse anche edifici per rituali sacri.

interno delle rovine di GrandeZimbabwe

Interno delle rovine di Grande Zimbabwe. È visibile la torre conica. Fotografia storica.

 Oggi sappiamo che Grande Zimbabwe fu la capitale del regno Monomotapa che fiorì dall’XI al XV secolo dopo Cristo e che abbracciava l’odierno Zimbabwe e parte del Mozambico. Queste genti furono i costruttori dell’imponente complesso di pietra. Il centro di Grande Zimbabwe, che all’epoca doveva ospitare circa 18.000 abitanti, era retto da un monarca e la sua economia si basava sull’allevamento dei manzi, sulle miniere d’oro e sul commercio.

Nella religione di queste genti africane, che erano Bantu della tribù degli Shona, gli uccelli rivestivano un ruolo molto importante e costituivano il simbolo stesso della città. Otto esemplari di uccelli (probabilmente dei falchi, ma non è sicuro) sono stati trovati fra le rovine del complesso situato sulla montagna, la Great Enclosure. Forse rappresentavano l’autorità del re, forse le anime degli avi defunti oppure gli oracoli di cui ancora oggi parlano le leggende zulu. L’antropologo Herbert Ganslmayr sostiene che il re degli Shona doveva essere un personaggio avvolto da un’aura di sacralità, e osserva:

“La sua vita e la sua salute erano strettamente connesse a quelle del suo popolo, precise regole e tabù riguardavano la sua persona, e un ruolo speciale rivestiva in tale contesto il fuoco sacro. Una volta all’anno, in maggio, tutti i focolari del Paese venivano accesi per mezzo del fuoco del re. Dopo la morte del sovrano, tutti i fuochi venivano spenti. Si credeva che l’anima del re defunto entrasse nel corpo di un leone, e per questo motivo era proibito uccidere i leoni.”

Muo di cinta delle rovine di Grande Zimbabwe

Muro di cinta delle rovine di Grande Zimbabwe. Complesso principale. Fotografia storica.

Inoltre l’antropologo vede interessanti paralleli tra la cultura monomotapa di Zimbabwe e quella dell’Uganda, e pensa che le radici più remote di queste due tradizioni non siano da cercare tra popolazioni bantu, ma presso tribù di pastori guerrieri giunti dall’Etiopia oppure dall’Africa centrale. La storica Thea Büttner ipotizza l’origine degli Shona di Zimbabwe in Congo.

Bisogna poi considerare che, nonostante le rovine di Grande Zimbabwe siano forse le più impressionanti dell’Africa meridionale, non sono però un fenomeno isolato di costruzione litica. Già Thea Büttner osservava alla fine degli anni Settanta un dato interessante: sul territorio che si estende dalla costa dell’Oceano indiano al centro di Zimbabwe ci sono almeno 300 siti di antiche rovine di pietra che risalgono alla stessa epoca in cui fu edificata Grande Zimbabwe.

Il grande regno africano

Dobbiamo quindi immaginare un regno africano di ampio respiro, ricco e ben organizzato. Sempre nei pressi di queste aree abitate si trovavano infatti miniere di oro, rame, ferro e piombo. Vi sono poi ampie zone di cultura a terrazzo, con canali di irrigazione, cimiteri e pozzi.

Nella grande fortezza detta anche Great Enclosure  viveva la famiglia del re, mentre in 20 o 30 capanne situate fuori dalle mura della fortezza principale abitavano gli altri appartenenti alla classe dirigente. Si pensa che queste abitazioni abbiano ospitato dalle 200 alle 300 persone.

Tuttavia  un punto oscuro permane. Il suolo della regione non sembra essere stato abbastanza fertile da poter supportare un’agricoltura a vasto raggio, in grado di sostentare tutti gli abitanti della città, circa 18.000 persone. Ora la domanda che si pongono gli archeologi è: le ricchezze prodotte dalle miniere, e quindi strettamente legate al commercio, così come l’allevamento del bestiame potevano portare  ad uno sviluppo tale da assicurare ad un grande numero di abitanti uno stile di vita superiore, un’ideologia religiosa ben funzionante e un’organizzazione logistica che permettessero la costruzione del sito?

 

clicca qui per raggiungere un sito dell’Unesco con molte fotografie e ampia documentazione.

clicca qui per vedere un interessante e breve documentario inglese sul tema. In inglese, durata 4,04 minuti.

 

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