L’incredibile storia della „razza che morì“

 

 

Come gli Ebrei, gli Egizi, gli Aztechi e altri popoli, anche gli Zulu africani in Sudafrica tramandano di generazione in generazione il mito del diluvio e questo mito è legato a una divinità femminile: la dea Ma. I Bantu raccontano la storia della “razza che morì”. La giornalista Christa Zettel ha riscoperto questo mito attraverso la mediazione dello sciamano zulu Credo Mutwa, e l’ha reso pubblico nel suo libro „Die Seele der Erde“.

Nella notte dei tempi, in un periodo che sfugge a qualsiasi cronologia storica, una donna bellissima partorì nel cuore del continente nero un figlio deforme sia nel corpo che nell’anima: il mostro Za-Ha-Rellell.

Za-Ha-Rellel conquista il mondo

Allorché la sventurata donna presentò il suo neonato ai saggi uccelli parlanti, adempiendo alla prassi che seguivano tutte le madri dopo il parto, questi riconobbero subito il male che covava nell’animo del bambino e le ordinarono di ucciderlo. La donna si rifiutò di ubbidire e, per salvare il piccolo, lo nascose nella caverna di un fiume sotterraneo. In quel luogo semibuio, occultato nel ventre della terra, trascorse Za-Ha-Rellell la sua infanzia.

Guerrieri_zulu

Fotografia storica di guerrieri zulu.

Gli anni passavano, e Za-Ha-Rellell crebbe, diventò adulto. Il suo aspetto esteriore era terribile, mostruoso. Ancor più spaventevole, però, era la freddezza del suo cuore. Divenne adulto in quel luogo nascosto nel ventre della terra, lontano dagli sguardi della gente, all’insaputa di tutti, nella solitudine più totale. Soltanto la madre gli era accanto.

Un giorno la donna ritornò come di consueto dalla caccia, entrò nella grotta e trovò il figlio seduto davanti al fuoco. Mentre fissava le fiamme, Za-Ha-Rellel cantilenava una melodia insolita ed inquietante. La madre rimase sconvolta: intuì subito che quel canto preannunciava qualcosa di terribile, una catastrofe, forse la morte. Minacciosa e persistente, la melodia cantata da Za-Ha-Rellel stava creando qualcosa di mai veduto prima proprio dinanzi ai suoi occhi. Da un semplice pezzo di ferro gettato tra le fiamme, una creatura prendeva forma lentamente, un’ombra mortifera si allungava gelida nella caverna, un mostro gigantesco, l’incarnazione del male.

La prima vittima di tale creatura fu proprio la madre di Za-Ha-Rellell. Il mostro l’aggredì e l’uccise. Poi il figlio ingrato abbandonò il suo regno sotterraneo e decise di uscire allo scoperto. Da quel momento iniziò la tirannia malvagia di Za-Ha-Rellel sugli esseri umani e su tutti gli animali della terra.

Assetato di potere, Za-ha-Rellel fabbricò delle creature metalliche: erano uomini artificiali, degli schiavi che eseguivano i suoi ordini. Proclamò in seguito, pubblicamente, di essere giunto sulla terra per volere divino, allo scopo di liberare gli uomini dal giogo degli uccelli parlanti e degli animali feroci. I robot metallici da lui costruiti si sarebbero occupati d’ora in poi di tutti i lavori manuali di fatica, e gli esseri umani avrebbero potuto vivere nell’ozio, nel lusso e nella comodità.

E così fu. Za-Ha-Rellel mantenne la sua promessa. Ma il suo scopo non era di certo il benessere dell’umanità, bensì la distruzione di essa. Infatti nella nuova situazione in cui si trovavano, non dovendo lavorare né far nulla d’altro, gli esseri umani divennero sempre più pigri e inetti, finirono addirittura per perdere la capacità di generare figli e, di conseguenza, tutte le donne diventarono sterili. Tutte, eccetto Amarive, la cantatrice rossa.

Nel frattempo Za-Ha-Rellell aveva iniziato ad indagare sulle cose proibite. Voleva scoprire il mistero dell’immortalità. Voleva raggiungere il potere assoluto sul tempo, sulla vita e sulla morte. A tal fine intraprese esperimenti genetici, creò mostri orribili, creature zoomorfe. Ma nemmeno questo non gli bastava. Il tiranno giunse all’apice dell’hybris: decise di sottomettere la grande dea Ma e l’albero della vita al proprio volere, e di diventare così il padrone assoluto dell’universo.

Al comando di Za-Ha-Rellell, gli schiavi metallici ferirono l’albero della vita e rapirono la grande dea Ma. La strapparono dal suo nascondiglio avvolto nelle tenebre e presentarono il suo splendore proibito al popolo. Mai s’era visto uno scandalo di tale fatta!

La punizione della dea Ma e il nuovo inizio

E mentre gli esseri umani, sconvolti e abbacinati, ammiravano per la prima volta nella loro vita il fulgore risplendente della grande Ma, i raggi cocenti della dea presero a bruciare e a consumare lentamente la pelle dei loro corpi, poi le ossa. Le fiamme li annientarono tutti, poco a poco. Non rimase che una montagna di cenere.

Diffusione_lingua_ bantu

Diffusione delle popolazioni di lingua bantu in Africa.

Questo non era che il preludio alla catastrofe finale. Dalle viscere della terra il magma iniziò a bollire e ad agitarsi, ogni elemento della natura si ribellava, insorgeva con fierezza contro il rapimento di Ma e l’offesa inaudita arrecata alla dea. Il magma premeva contro la crosta terrestre. La superficie del pianeta blu esplose in migliaia di crepe, dappertutto, mentre un terremoto spaventoso scuoteva ogni cosa.

Dai solchi profondi che si aprirono nella terra guizzavano fuori fiumi di fuoco, torrenti di lava incandescente che si riversavano dovunque, irrefrenabili. Le acque di fiumi e mari iniziarono a bollire anch’esse, le onde s’innalzarono ad altezze mai viste, e inghiottirono tutto. Le città meravigliose degli uomini scomparivano una dopo l’altra, investite dalle onde roventi.

Anche il tiranno Za-Ha- Rellell morì. Lo uccise Odu, un uomo artificiale che Za-Ha-Rellel stesso aveva creato. Poi le acque presero il mostro malvagio con sé, facendolo sparire per sempre. Ogni cosa, ogni essere umano e vegetale sulla terra bruciò e scomparve. Tutto ciò che viveva, morì. Dopodiché ci fu soltanto silenzio.

Trascorse un periodo eterno, incommensurabile, una di quelle ere imperscrutabili che sono troppo remote e oscure per essere fissate negli annali storici. Un giorno, finalmente, il sole riapparve, pallido, tra le nuvole. La terra si risvegliò poco a poco dall’incubo e dal disastro, ma non rimaneva altro che deserto. Gli unici superstiti tra le rovine erano la rossa cantatrice Amarive e Odu, l’uomo artificiale.

I due erano riusciti a scampare alla catastrofe galoppando tra le onde impazzite sulla groppa di un pesce, mentre dietro di loro i continenti affondavano nel ventre della terra, e con essi anche la prima razza umana.

Amarive fu la nuova portatrice di vita. Dall’unione della rossa con Gorogo, l’uomo-rospo, ebbero origine i Pigmei e i Boscimani; dall’unione di Amarive con Odu ebbe origine la seconda razza, quella dei Ba-ntu, i nuovi esseri umani.